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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2012 alle ore 17:25.

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La7 in vendita: perché fa gola soprattutto ad acquirenti stranieri. Nella foto il presidente esecutivo di Telecom Italia Franco BernabèLa7 in vendita: perché fa gola soprattutto ad acquirenti stranieri. Nella foto il presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè

Con La7 in vendita TiMedia a Piazza Affari tocca, nel corso della giornata, guadagni che arrivano fino al 12 per cento. Il giorno dopo la decisione del consiglio di amministrazione, durante la conference call sui risultati trimestrali, il presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè è tornato sulla scelta dell'azienda di mettere in vendita la controllata TiMedia e di fare, all'interno della società, una scissione societaria, con la tv che diventerà una società a sé.

La separazione delle attività televisive e infrastrutturali di Telecom Italia Media decisa dal cda «porterà alla massimizzazione del loro valore, anche grazie al fatto che abbiamo diverse opzioni strategiche», dice Bernabè. Che sottolinea come a TiMedia sia stato attribuito un «grande valore» e come ci sia «un business televisivo che ha sempre più successo e che è cresciuto significativamente sia come share televisivo, sia come raccolta pubblicitaria».

L'amministratore delegato di TiMedia, Giovanni Stella, durante la conference call, ha spiegato che la società controllerà da una parte l'operatore di rete e dall'altra i canali tv, ovvero La7, La7d e il 51% di Mtv. E ha precisato di vedere «estremamente difficile un'uscita totale, anche se non la escluso, dalle frequenze tv che potrebbero essere trasformate in frequenze telefoniche». Quanto a Mtv ha chiarito che si sta lavorando su come intervenire sul palinsesto del canale 8 trasformandolo da musicale in generalista, «potremmo pensare di trasferire a Viacom dei canali non più core, limitando così l'approccio finanziario per ristrutturare il canale 8».

Ora TiMedia guarda con maggiore cautela all'andamento della raccolta pubblicitaria dei mesi a venire, dopo la buona performance di inizio anno (con un aumento di 16,5 milioni nel primo trimestre). La7 ha visto crescere il suo valore sul mercato anche perché ormai non è più classificabile tra le tv generaliste, ma tra le mini-generaliste. È specializzata in informazione di pregio, non produce fiction e varietà classico, (l'intrattenimento è affidato a Serena Dandini, Sabina Guzzanti e Geppi Cucciari) e questa trasformazione si è rivelata un vantaggio, portando La7 ad essere la prima tra i suoi competitori diretti (a partire da Rai 4). Senza contare che in termini di ascolti e di pubblicità le generaliste non sono certo in un momento d'oro, mentre il mercato di chi come La7 fa informazione di nicchia risulta in crescita. Infatti nel 2011 rispetto al 2010 la pubblicità è aumentata di oltre il 30% (32,2%), quando invece per Rai e Mediaset è calata rispettivamente del 6,6 e del 3,3 per cento. E questo nonostante lo share nel giorno medio sia ancora sotto il 5%: i dati del 2011 lo indicano al 3,82 per cento.

Su chi potrebbe essere l'acquirente interessato si fanno molti nomi, quello di Carlo De Benedetti, presidente del gruppo L'Espresso, con maggiore insistenza. Ma si parla anche di Urbano Cairo di Cairo Communication (attuale concessionaria di pubblicità de La 7 che ha portato nelle casse dell'emittente discreti proventi), del finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar e, in secondo piano, dell'emiro del Qatar patron di Al Jazeera, del gruppo Bertelsmann e di Diego Della Valle. Poco meno di un anno fa si diceva di un interessamento di Murdoch, con il figlio James favorevole e il magnate dubbioso. Poi non se ne fece nulla. E ora forse in casa De Benedetti le posizioni potrebbe essere invertite con il padre favorevole e il figlio perplesso. Sulla questione De Benedetti in una dichiarazione rilasciata prima della decisione del Cda ha sottolineato come «per comprare una roba bisogna che ci sia qualcuno che la venda e per adesso - ha detto - mi sembra che Bernabè sia ancora innamorato del giocattolo. Poi però sarà costretto a vendere».

Poi (ieri) il cda ha deciso. Bernabè conta di chiudere in tempi «ragionevoli» e lascia aperta qualsiasi opzione, sia quella di vendere le due parti assieme sia quella di cercare due acquirenti diversi. E sottolinea come «a livello mondiale i soldi ci sono» e come «in questo momento gli asset italiani costano relativamente poco». Affermazioni che potrebbero far pensare come in pole position, tra gli interessati, ci sia uno dei soggetti internazionali, ma non andrebbe nemmeno esclusa l'ipotesi di una joint venture. Sul piatto potrebbe anche esserci, al posto della vendita, l'ingresso di nuovi soci nel capitale azionario. Il valore di mercato di Ti Media, che ha chiuso il 2011 con un una perdita da 83 milioni, in crescita dai 54,4 milioni del 2010, è stimato intorno ai 160 milioni di euro.

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