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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2012 alle ore 14:21.

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Rebekah Brooks (Ap)Rebekah Brooks (Ap)

LONDRA – Computer spariti, files manomessi, documenti volatilizzati. Rebekah Brooks, la rossa ex ceo di News International, il fianco britannico dell'impero di Rupert Murdoch, è stata formalmente incriminata per aver inquinato le prove, ovvero «dirottato il corso della giustizia». Una cospirazione, secondo gli inquirenti britannici, perchè i reati sarebbero stati commessi in concorso con altri.

A cominciare dal marito Charlie, dalla segretaria Cheryl Carter, autisti e uomini della sicurezza, tutti appassionatamente mobilitati per nascondere – secondo la tesi dell'accusa – le prove del caso di intercettazioni telefoniche al News of The World. O quantomeno per rendere molto meno evidente, meno direttamente collegato alle più alte gerarchie del gruppo. Nessuno in News International e NewsCorp – la holding dei Murdoch - contesta che le intercettazioni illegali siano avvenute, ma negano che la cosa fosse nota all'epoca dei fatti. Lo avrebbero saputo dopo, a cose fatte.

Gli investigatori non ne sono affatto convinti e ritengono che in computer e files fatti sparire da Rebekah Brooks ci fossero le prove. I fatti sarebbero avvenuti fra il 6 e il 19 luglio dello scorso anno. In quei giorni la rossa ex ceo del gruppo editoriale fu brevemente arrestata. Le incriminazioni se confermate in tribunale potranno avere conseguenze penali pesanti per tutti gli imputati. Rebekah, il marito e i presunti correi hanno definito "inigiusta" la decisione di procedere con la formale incriminazione.

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