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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2012 alle ore 06:59.

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Nel mirino della magistratura alla fine c'è finita tutta la "family": l'ex senatùr Umberto Bossi e i suoi figli Renzo e Riccardo, e in più il senatore leghista Piergiorgio Stiffoni e l'imprenditore Paolo Scala. L'inchiesta della procura di Milano sull'uso illecito dei rimborsi elettorali della Lega (18 milioni nel 2011) si estende così ai vertici più alti - e simbolici - del partito.

Mettendone in luce la gestione arbitraria e personalistica delle spese: dopo l'acquisto di diamanti da parte dell'ex tesoriere Francesco Belsito, gli investimenti ingiustificati della famiglia Bossi, le finte lauree e i viaggi di Renzo Bossi, ora si parla di paghette da 5mila euro al mese per Renzo e Riccardo Bossi nel periodo 2008-2011, che uscivano regolarmente dalle casse del partito. I due fratelli pare girassero all'ex tesoriere anche un elenco di conti da saldare, tra cui pagamenti relativi a cause legali (o gli alimenti per la ex moglie di Riccardo, come sostiene il Noe di Roma, nell'inchiesta avviata a Napoli). E in tutti i casi i due fratelli specificavano di «aver parlato con papà».

Così l'avviso di garanzia è arrivato anche a lui, il papà appunto, l'ex senatùr Umberto Bossi, che da due giorni risulta iscritto nel registro degli indagati della procura di Milano per truffa allo Stato. In via Bellerio, la sede storica milanese del Carroccio, qualcuno da tempo lo diceva: Bossi, segretario federale del partito, non poteva non sapere. E quello che in via Bellerio era solo un sospetto, per la procura di Milano è una vera e propria tesi. Bossi ad oggi risponderebbe come legale rappresentante del partito, anche se non gli è stata contestata alcuna spesa personale. Per i figli Renzo e Riccardo l'accusa è invece di appropriazione indebita. L'avviso di garanzia ha colto di sorpresa Renzo, che al momento della notifica si trovava in Marocco in vacanza ma ha sottolineato: «Con questo atto giudiziario avrò finalmente la possibilità di difendermi».

Poi c'è il capitolo Stiffoni. Per lui si parlerebbe di peculato: il sospetto del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, titolare dell'inchiesta con Roberto Pellicano e Paolo Filippini, è che abbia usato a fini personali fondi destinati al Senato. Questo fascicolo verrà girato dalla procura di Milano a quella di Roma. A inchiodare Stiffoni pare ci siano soprattutto le dichiarazioni del capogruppo leghista al Senato Federico Bricolo, che ai pm avrebbe detto che i conti del gruppo erano in squilibrio per 500mila euro a causa di vari travasi dal conto Bnl del Senato a quello personale di Stiffoni.

Infine Scala. L'imprenditore, già indagato per appropriazione indebita, ora lo è anche per riciclaggio. Per gli inquirenti sarebbe stato Scala, residente a Cipro, a permettere il transito di 6 milioni, per gli investimenti a Cipro e in Tanzania della Lega.
Sotto lente, anche se non indagate, ci sono Manuela Marrone, moglie di Bossi, e Rosi Mauro. La Marrone avrebbe ricevuto 300mila euro da Belsito da destinare alla scuola Bosina, da lei fondata a Varese. La vicepresidente del Senato, espulsa dal Carroccio, avrebbe ricevuto finanziamenti per il sindacato padano Sinpa. E alla fine pare che Bossi firmasse tutti i rendiconti.

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