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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2012 alle ore 15:42.

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Le tracce ci sono, ma lo stragista non si trova. Brindisi e il circondario vengono battuti palmo a palmo da Polizia, Carabinieri, i reparti speciali dello Sco e del Ros. Stamane una riunione nella città pugliese con i ministri Dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, e della Giustia, Paola Severino, decide l'allargamento dell'attività investigativa alle province di Taranto e Lecce.

Il 50enne che ha premuto il bottone del telecomando e ha fatto esplodere tre bombole di gas davanti alla scuola Morvillo Falcone, dunque, potrebbe essersi allontanato già parecchio. In questura dovrebbe essere stato interrogato il fratello – il che fa pensare che il criminale sia già stato identificato – si parla di una mano "offesa", particolare che emergerebbe dal video. Ma ancora non ci siamo. E il nervosismo tra gli investigatori si cela a fatica: gli indizi finalmente comparsi con il video che riprende l'attentato sono come polvere di ferro per aria, o alla fine si compatta in un blocco unico o rischia di disperdersi e rivelarsi inutile.

Secondo indiscrezioni, ci sono due persone sospettate ma non ancora indagate. Non è molto, ma non è detto. La corsa, che ormai si fa angosciosa, è contro il tempo: bisogna catturare, prima che sia troppo tardi, l'autore della strage. Soggetto lucido e folle al tempo stesso, con più di una contraddizione: lascia come un novellino le tracce del suo dna fumando una decina di sigarette sul luogo dell'attentato, ma prepara con cura e competenza un sistema dinamitardo complesso.

Un uomo, dicono ormai tutti, che ha un legame con la scuola Morvillo, se non proprio con l'autobus proveniente da Mesagne, se non addirittura con Melissa Bassi, morta poco dopo la deflagrazione. Fonti molto qualificate del Viminale non comprendono, però, perché finora l'attentatore non sia stato beccato. Perché la gente, del posto, travolta tutta da una rabbia indicibile, non abbia parlato in modo utile per gli inquirenti e non l'abbia ancora fatto catturare. E se è vero che l'omicida ha una mano offesa, dovrebbe essere ancor meno difficile rintracciarlo.La verità è che lo sconosciuto ha fatto saltare gli schemi tradizionali di indagine: la tragedia dell'istituto di Brindisi non può essere ricondotta sic et simpliciter né a un fatto mafioso né a terrorismo puro. Quasi sicuramente non è proprio né l'uno né l'altro – anche se il reato ora ipotizzato è strage con finalità di terrorismo – ma magari una feroce e assurda vendetta per questioni di criminalità locale o, addirittura, un caso di Unabomber in salsa pugliese. Resta da considerare una suggestione non banale.

La criminalità organizzata locale, la Scu (sacra corona unita), che da più parti si esclude possa essere coinvolta, da questa pressione investigativa enorme e senza precedenti ha soltanto da perderci. Nulla può far escludere che i capi bastone della Scu abbiano già ordinato una contro-inchiesta a tappeto per trovare il mostro che mette le bombe davanti a una scuola. Se così fosse, viene subito in mente la vicenda romana di Mohamed Nasiri, 30 anni, marocchino, sospettato di aver sparato e ucciso durante una rapina un cinese di 31 anni, Zou Zeng, e sua figlia di otto anni. Nasiri fu trovato impiccato dieci giorni dopo e molti dissero, non senza motivo, che era stata la mafia cinese.

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