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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2012 alle ore 07:21.

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I resti della fabbrica di ceramiche di Sant'Agostino crollata dopo la scossa di terremoto (Ansa)I resti della fabbrica di ceramiche di Sant'Agostino crollata dopo la scossa di terremoto (Ansa)

BOLOGNA - Centinaia di milioni di euro. È una cifra ingente ma ancora difficile da quantificare quella che Confindustria Emilia-Romagna ha ufficializzato ieri sera per dare una dimensione al conto che il sisma di domenica all'alba – e le oltre 40 scosse sopra i 3 gradi della scala Richter seguite – presenterà alle imprese associate: 200 industrie colpite duramente, sulle 6mila associate a Confindustria, e almeno 2mila dipendenti (sui 300mila rappresentati), che nelle prossime settimane resteranno senza lavoro, per le fabbriche chiuse. La Cgil parla di 2mila imprese ferme, ieri in regione, e di oltre 5mila lavoratori rimasti casa. Somme a cui vanno aggiunti i 200 milioni di danni mappati nel settore agricolo, tanto da spingere il presidente di Confagricoltura Mario Guidi a chiedere «un atto di solidarietà nazionale per un'agricoltura che è tra le principali risorse di questa terra».

Poche, invece, ma ben definite le richieste che il presidente regionale degli industriali, Gaetano Maccaferri, ha rivolto al presidente Vasco Errani e al sottosegretario Antonio Catricalà, in vista della dichiarazione dello stato di emergenza attesa oggi da parte del Governo. «Vanno innanzittutto attivati subito strumenti creditizi finalizzati al riavvio dell'attività produttiva e a spese d'emergenza, compresi interventi di garanzia, moratoria su mutui ed elasticità nell'utilizzo degli affidamenti. In secondo luogo vanno sospesi immediatamente tutti gli adempimenti fiscali, tributari e contributivi, a partire dall' Imu.

Terzo, vanno concessi tutti gli ammortizzatori sociali disponibili per il tempo necessario al riavvio delle attività». Da Modena a Ferrara, dall'industria agli artigiani, passando per agricoltura e commercio, la pioggia non ferma il lavoro di titolari e rappresentanti associativi per monitorare i danni e rimettersi in moto. I restauratori della Cna si sono messi gratuitamente a disposizione per quantificare i danni, le industrie più grosse rimaste agibili hanno aperto le loro porte ai colleghi senza dimora e agli artigiani che hanno bisogno di spazi.

Tra Mirandola, San Felice sul Panaro e Finale Emilia è inagibile uno stabilimento su quattro, stima la Cna, e il paradosso è che hanno retto meglio i capannoni degli anni Sessanta rispetto alle strutture moderne a campate larghe. A camminare per le zone industriali non ci si accorge della gravità della situazione: è una sfilata di pareti intatte, ma entrando è un cumulo di tetti crollati. Il quadro non cambia spostandosi nell'Alto Ferrarese, dove tra San Carlo, Sant'Agostino, Bondeno e Cento sono centinaia gli artigiani in ginocchio e gli stessi uffici della Cna sono chiusi perché danneggiati. Solo tra le imprese più grandi della provincia, Unindustria Ferrara stima 200 milioni di danni, «un dato molto approssimativo, destinato a crescere – avverte il presidente Riccardo Fava, invitando gli associati a inviare quanto prima una stima dei danni aziendali – tra strutture produttive, macchinari e prodotti stoccati. Un evento drammatico che si somma a una situazione economica già critica e che ora dovrà misurarsi con un fermo produzione che potrà durare settimane».

«È un altro ceffone a imprenditori già provati dalla crisi – aggiunge Giovanni Messori, direttore Confindustria Modena, un centinaio di associati costretti a interrompere l'attività – ma non basta a farli cadere. Se sono arrabbiati non è per la mala sorte, ma perché hanno già l'impresa edile pronta per i lavori di ripristino, e non perdere così la gara quotidiana con i competitors, ma non arriva la protezione civile o l'ingegnere strutturista per il via libera!».

«Rendere agibili subito le imprese in cui si può tornare al lavoro» è la priorità assoluta dell'industria e di Confartigianato e Cna che assieme stanno promuovendo da ieri la sottoscrizione nazionale di aiuti per gli artigiani dell'Alta Emilia. E mentre monta dal territorio martoriato la richiesta di riattivare il fondo per le calamità naturali e gli ammortizzatori speciali così come fu fatto per L'Aquila. L'efficienza emiliana sta emergendo anche nella gestione dell'emergenza e nella rete di solidarietà, ha commentato il governatore Errani, chiudendo la convulsa giornata con Catricalà e il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, «ma dopo l'emergenza servirà un provvedimento per riattivare le imprese: mi riferisco alla necessità di sospendere i tributi – spiega – agli ammortizzatori in deroga, di cui ho già parlato con il ministro Elsa Fornero, e al congelamento del patto di stabilità».

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