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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2012 alle ore 07:18.
L'ultima modifica è del 23 maggio 2012 alle ore 07:24.

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In Europa si aggira di nuovo lo spettro di un ritorno della crisi debitoria. Le evoluzioni di questi giorni non ci mostrano nulla di nuovo: benché siano riconoscibili i primi successi, non abbiamo superato definitivamente la crisi. Risolverla non è questione di mesi, bensì di anni, e non ci sono scorciatoie. Le vere cause della crisi economica e finanziaria sono, assieme alla scarsa competitività dei Paesi colpiti dalla crisi, gli alti stock del debito accumulati nel corso di molti anni.

Proseguire in modo coerente e duraturo il consolidamento dei bilanci è un presupposto irrinunciabile per il risanamento. Pertanto il fiscal compact ora non può essere rimesso in discussione.
Il consolidamento del bilancio è tuttavia soltanto uno dei pilastri su cui poggiano le economie forti: l'altro è la politica della crescita. Va precisato che per la nuova crescita sono responsabili innanzitutto gli Stati membri. Riforme strutturali nazionali devono ripristinare la competitività di cui abbiamo bisogno per la nuova crescita. Ciò significa rendere i sistemi di sicurezza sociale all'altezza del futuro, rendere più accessibili i mercati del lavoro soprattutto ai giovani, ridurre il lavoro nero e ascrivere un'importanza prioritaria a istruzione, scienza e ricerca.

Gli Stati europei finiti nel vortice della crisi finanziaria hanno già approvato importanti riforme. Sappiamo quanto sia pesante la strada che molte persone devono attualmente percorrere in quei Paesi. Proviamo grande stima per questi sforzi. Dinanzi ad un'economia in parte in forte calo e soprattutto ad una disoccupazione spaventosamente alta tra i giovani, le riforme avviate ora rappresentano tuttavia l'unica opportunità di riprendere la rotta della crescita in modo duraturo. È certo che bisogna aver pazienza e aspettare che le riforme abbiano il loro effetto. Il loro successo sarà poi tanto più incisivo. Lo sappiamo per le esperienze fatte in Polonia, nei Paesi baltici e non da ultimo in Germania.

Ma anche a livello europeo dobbiamo puntare maggiormente sulla crescita. A tal fine vogliamo integrare il fiscal compact con un patto per la crescita finalizzato a una maggiore competitività. Un patto europeo per la crescita dovrebbe contenere i sei punti seguenti:

1.Orientamento coerente del budget Ue alla crescita. Chi vuole provocare ancora fuochi di paglia congiunturali con programmi di spesa finanziati ricorrendo all'indebitamento non ha imparato nulla dalle drammatiche esperienze della crisi. La Ue non può spendere di più rispetto a quanto fatto finora, ma deve impiegare meglio le sue risorse. Il denaro per le spese future c'è. Di fatto l'Unione europea in questi mesi sta negoziando sul quadro finanziario dei bilanci Ue per il periodo 2014-2020. Si prevede un volume di mille miliardi di euro. Dovremmo concentrarci nell'impiegare coerentemente questa somma enorme per la crescita e l'occupazione, l'innovazione e la competitività. Al contempo l'impiego delle risorse deve essere sottoposto a maggiori controlli e collegato a criteri misurabili. Per ogni euro speso dal bilancio Ue va comprovato che il denaro è stato impiegato efficacemente.

2.Attivare risorse Ue inutilizzate. Nei fondi strutturali e di coesione dell'esercizio corrente sono ancora disponibili circa 80 miliardi di euro che non sono assegnati ad alcun progetto concreto. La Commissione europea, assieme agli Stati membri, deve ora investire rapidamente ed efficacemente queste risorse in nuova crescita attraverso una migliore competitività.

3.Migliore accesso al capitale di investimento. In alcuni Paesi vediamo che i governi hanno intrapreso la strada giusta, ma che il settore bancario in sofferenza per i crediti tossici non può svolgere pienamente il suo ruolo nell'economia nazionale. Le imprese pertanto non sono in grado di affrontare investimenti ragionevoli che promuovano la crescita. Con la Banca Europea per gli Investimenti disponiamo di uno strumento che possiamo e dovremmo utilizzare maggiormente e in modo più mirato proprio per migliorare l'accesso delle piccole e medie imprese ai crediti per gli investimenti.

4.Promuovere progetti infrastrutturali. Il circuito del settore bancario si è inceppato e questo rappresenta anche un problema per i grandi progetti infrastrutturali europei. Le nostre strade e ferrovie, le nostre reti energetiche e di telecomunicazione si annoverano tra i grandi vanti dell'economia europea. Costituiscono una base importante del nostro standard di vita, che può essere garantito soltanto in un'Europa sempre più integrata. Le infrastrutture state of the art aprono nuove prospettive di crescita rendendo più attraenti gli investimenti all'industria privata. Per il potenziamento transfrontaliero delle infrastrutture europee dobbiamo mobilizzare capitale privato e valutare attentamente strade innovative di partnership pubblico-privato.

5.Completare il mercato interno. Già una volta, negli anni '80 e '90 del secolo scorso, vennero sprigionati enormi potenziali di crescita attraverso la realizzazione delle cosiddette quattro libertà. Oggi l'allargamento del mercato interno a nuovi settori offre di nuovo grandi opportunità. Questo vale per l'economia digitale e per il commercio su internet. Ciò riguarda il settore energetico ed ha come obiettivo il rafforzamento delle piccole e medie imprese attraverso la riduzione della burocrazia e un migliore accesso al capitale di rischio. Per conseguire un'ulteriore crescita dobbiamo potenziare anche la mobilità transnazionale in Europa. Le opportunità di occupazione e quindi le prospettive future per i giovani devono avere chiaramente priorità.

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