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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2012 alle ore 07:23.

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In questa situazione, rischia di ripetersi per il sistema bancario europeo lo stesso meccanismo di contagio già sperimentato da oltre due anni per il debito pubblico. Dal Paese più debole, la Grecia, la malattia si estende a macchia d'olio a quelli contigui. Molti Paesi si sono comportati come don Ferrante, che negava l'esistenza della peste e quindi si riteneva immune dal morbo. Lo stesso processo può ripetersi per il sistema bancario, a cominciare da quello spagnolo, che all'inizio della crisi appariva robusto, ma oggi ha un deficit di capitale stimato in almeno 50 miliardi, ha bisogno di aumentare gli accantonamenti sui prestiti al settore edilizio e vede la sfiducia serpeggiare fra i depositanti.

La crisi sta distruggendo giorno dopo giorno il mercato unico dei servizi bancari, cioè quello che il rapporto Monti di due anni fa aveva indicato come uno dei principali risultati del processo di integrazione e come uno dei punti da rafforzare per il futuro. La direzione è stata invece esattamente opposta. Una recente ricerca di UniCredit dimostra che le condizioni del credito fra Paesi periferici e centrali sono sempre più divergenti: le imprese italiane ad esempio pagano tassi di interessi superiori di oltre 1,5 punti rispetto ai loro concorrenti tedeschi e fronteggiano una stretta molto più severa. Altre ricerche mostrano che i tassi retail dei singoli Paesi rispondono ormai in modo diverso agli stimoli della politica monetaria.
Se il sistema finanziario europeo si frammenta e ripiega verso i vecchi confini nazionali, viene meno una delle ragion d'essere dell'unione monetaria e il circolo vizioso fra debito pubblico e sistema bancario diventa sempre più difficile da spezzare. Occorrono finalmente risposte coraggiose, tempestive e unitarie. Le soluzioni sono ormai note da tempo e tutte passano per un maggior livello di integrazione europea.

Alla vecchia idea di quei sovversivi dei consulenti di Angela Merkel di mettere a fattor comune una parte del debito pubblico, si aggiungono oggi analoghe proposte per il sistema bancario: dall'assicurazione dei depositi, all'intervento del fondo europeo, ai meccanismi di intervento nei casi di squilibri più profondi. Si tratta di soluzioni che comportano un livello europeo di vigilanza e dunque un fiero colpo alle gelosie nazionali finora dominanti.
Non è certo la fantasia tecnica che fa difetto, ma la capacità politica dei governi europei di trovare una soluzione definitiva. È tempo però di riconoscere che la situazione continua a peggiorare e oggi trincerarsi dietro la (limitata) potenza di fuoco del Fondo europeo o un incremento del fondo di dotazione della Banca europea degli investimenti, rischia di trasformarsi in un'ulteriore, cocente delusione.

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