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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2012 alle ore 19:23.
L'ultima modifica è del 29 maggio 2012 alle ore 13:06.
No, non c'è da stare allegri. Ottocento scosse che si sono susseguite, pressoché senza interruzione, dal 20 maggio fino all'ultimo, fortissimo terremoto di martedì mattina. E le repliche del terremoto che sta sconvolgendo l'Emilia (ma anche parte della Lombardia e del Veneto) «dureranno parecchi giorni». Così ai microfoni di Rainews 24 il sismologo dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Alessandro Amato, che ha spiegato: «La zona più attiva è quella più occidentale, tra Modena, Moglia e Mirandola, ma si sta estendendo verso ovest».
Dopo la scossa più forte, quella da magnitudo 5.8 Richter delle 9, la terra ha tremato ancora decine di volte: le scosse più forti sono state registrate alle 9.07 (magnitudo 4.0), alle 9.09 (4.1), alle 10.25 (4.5), alle 10.27 (4.7), alle 10.40 (4.2), alle 11.30 (4.2). Alle 12.56 e alle 13.01 altre due forti scosse non magnitudo 5.3 e 5.1.
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La cosa che più inquieta è che all'origine del terremoto di magnitudo 5,8 avvenuto questa mattina nel modenese potrebbe esserci, secondo l'Ingv, la rottura di una nuova faglia. Il sisma è avvenuto sul margine occidentale dell'arco di circa 40 chilometri attivato nel sisma del 20 maggio scorso. Allora le scosse più forti erano avvenute nella zona orientale. «Si temeva che con una struttura così complessa, potesse esserci spazio per altri terremoti di grande entità», ha detto il sismologo Alessandro Amato.
Dopo il terremoto del 20 maggio scorso, le repliche più forti (ossia di magnitudo superiore a 5) erano concentrate nella zona di Ferrara. Il terremoto di questa mattina, ha detto ancora Amato, «indica che molto probabilmente sono attive più faglie». Situazioni come queste possono verificarsi quando vengono attivate strutture molto complesse. Per esempio, in passato è avvenuto con il terremoto di Colfiorito del 1997, quando alla prima scossa sono seguite a distanza di giorni nuove scosse importanti.
«La struttura responsabile del terremoto di oggi nel modenese - ha aggiunto il sismologo dell'Ingv - è la struttura complessa del tratto settentrionale dell'Appennino, nel quale la catena montuosa prosegue sotto la Pianura Padana. La struttura è la stessa legata al sisma del 20 maggio, ma probabilmente avvenuta su una faglia adiacente. Non si tratta quindi una replica in senso stretto».
Paura per la tenuta degli edifici in muratura
Intanto è sempre più forte la preoccupazione per la tenuta delle case in muratura e dei capannoni. «Per quanto riguarda le costruzioni, i danni non sono tanto dovuti all'intensità dei terremoti, ma soprattutto al fatto che si sono ripetuti a pochi giorni di distanza», ha spiegato all'Agi Giulio Zuccaro, ordinario di Scienze delle Costruzioni e direttore del comitato-tecnico scientifico del Centro Plinius dell'Università Federico II di Napoli. Quella dell'Emilia è una situazione molto particolare in cui gli stabilimenti, le case e tutte le costruzioni in genere sono state duramente messe alla prova proprio dal verificarsi di eventi sismici ravvicinati. «Dopo la prima scossa - ha proseguito l'esperto - le costruzioni subiscono un deterioramento della loro capacità di risposta. Il cemento armato, per esempio, ha una risposta elastica e se non si supera la soglia limite di elasticità non viene danneggiato. Ma per le strutture in muratura, questo discorso non vale».
La riclassificazione della Pianura padana a zona sismica
«Sarebbe stato molto meglio - ironizza conversando con il Sole24Ore.com Marco Mucciarelli, docente di Sismologia Applicata presso la Facoltà di Ingegeria dell'Università della Basilicata, in viaggio verso Mirandola per entrare nei team di tecnici che procederanno ai rilievi - se in questi ultimi anni si fossero fatti meno plastici di Cogne e si fosse prestata più aattenzione alla mappa dei rischi geologici. Dell'attività delle faglie in Emilia si sapeva dal 2000». Tuttavia solo dal 2003-2005 la Pianura Padana è stata riclassificata da zona non sismica a grado 3. Nel 2009, riferisce Mucciarelli, sarebbe quindi entrato in vigore l'obbligo di costruire in quell'area con criteri antisismici.
Urge un censimento per adeguare gli insediamenti industriali
Il problema è - ha sottolineato Bernardino Chiaia, ordinario di Scienza delle Costruzioni del Politecnico di Torino - che i capannoni industriali, che hanno fatto il maggior numero di vittime durante i sismi di questi ultimi giorni in Emilia, sono stati costruiti senza tener conto delle norme antisismiche, e andrebbero tutti controllati e adeguati. «Si sta parlando - ha precisato Chiaia - di capannoni costruiti in zone che al momento della progettazione erano considerate non sismiche. Solo dal 2003 è cambiata la mappa del rischio, ma ci si è concentrati più sugli edifici civili. Ora spero venga fatto un censimento anche di quelli industriali».
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