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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2012 alle ore 07:10.

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La situazione dell'Europa è grave, molto grave. Chi avrebbe mai pensato che il primo ministro britannico David Cameron avrebbe esortato i Governi dell'Eurozona a trovare il coraggio per creare un'unione delle politiche di spesa e di bilancio, con un budget e una politica fiscale comuni e un debito pubblico garantito collettivamente da tutti i Paesi dell'unione monetaria? E Cameron ha detto anche che l'unica strada per impedire la fine dell'euro è avanzare verso una maggiore integrazione politica.

Un primo ministro inglese, e conservatore per di più! La casa dell'Europa è in fiamme e Downing Street chiede accoratamente ai pompieri di dare una risposta razionale e risoluta. Peccato che a capo dei pompieri ci sia la Germania e che a capo della Germania ci sia la cancelliera Angela Merkel.

Il risultato è che l'Europa continua a cercare di spegnere le fiamme buttandoci sopra benzina (l'austerità imposta da Berlino), con la conseguenza che nel giro di appena tre anni la crisi finanziaria dell'Eurozona è diventata la crisi esistenziale dell'Europa.

Non facciamoci illusioni: se l'euro dovesse andare in pezzi andrebbe in pezzi anche l'Unione Europea (l'economia più grande del pianeta), innescando una crisi economica globale di proporzioni tali che quasi nessuno tra quelli oggi in vita ha mai sperimentato. L'Europa è sull'orlo dell'abisso e ci cadrà a capofitto se la Germania - e la Francia - non imprimeranno una sterzata.

Le recenti elezioni in Francia e in Grecia, unite alle elezioni amministrative in Italia e alle persistenti difficoltà di Spagna e Irlanda, hanno dimostrato che i cittadini hanno perso fiducia nella rigida austerità imposta dalla Germania. La micidiale terapia d'urto merkeliana è andata a sbattere contro la realtà (e contro la democrazia).

Ancora una volta stiamo imparando sulla nostra pelle che un'austerità di questo genere, se applicata nel pieno di una grande crisi finanziaria, serve solo a precipitarci nella depressione economica. Pensavamo che questa nozione ormai fosse patrimonio comune della coscienza collettiva, uno dei principali insegnamenti delle politiche di rigore applicate dal presidente americano Herbert Hoover e dal cancelliere della Germania weimariana Heinrich Brüning nei primi anni Trenta. Purtroppo sembra essere proprio la Germania, invece, ad averla dimenticata.

La conseguenza è che la Grecia è sull'orlo del caos e incombe la minaccia di crisi di panico e assalti agli sportelli in Spagna, Italia e Francia, seguiti da una valanga finanziaria che seppellirebbe l'Europa. E poi? Dobbiamo cancellare quello che più di due generazioni di europei hanno creato, un investimento colossale nella costruzione di istituzioni che hanno portato al più lungo periodo di pace e prosperità nella storia del continente?

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