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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2012 alle ore 13:34.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2012 alle ore 10:34.

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Soffocati da recessione, disoccupazione e rigore, saranno i popoli europei disposti a seguire?
Ci sono argomenti sufficientemente convincenti, anche in Grecia, per affermare che oggi più Europa è meglio di meno Europa. Consiglierei che fossero i non europei a spiegare le ragioni per cui bisogna costruire l'Europa, che cosa è l'identità europea. Noi tendiamo a non vederne i colori. Che sono l'economia di mercato, la sicurezza sociale e ambientale. Questa è la nostra biodiversità. Senza il modello europeo, accanto a quello americano e cinese, il mondo sarebbe più povero.

Però l'antieuropeismo dilaga, crescono i sentimenti anti-tedeschi e a una diffidenza reciproca mai vista prima…
Succede perché, in assenza di un'identità comune forte, le differenze prendono il sopravvento. E perché la violenza di uno shock senza precedenti dal dopoguerra, che ha portato dovunque più tasse, disoccupati e sacrifici, facilita il gioco dei populisti che sfruttano le paure scaricandole sull'altro, sul barbaro e lo straniero. La colpa non è della crisi ma del fatto che tutti abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e senza disciplina,

Anche i tedeschi?
I tedeschi, che esportano quasi il 60% del totale in Europa, temono di esserne contaminati. Ci sono due reazioni di fronte alla crisi: c'è chi dice meglio ognuno per sé e chi invece vede nell'Europa il mezzo per uscire dal problema. Dove mai avrebbe potuto trovare Madrid 100 miliardi per le sue banche? La Spagna è la prova concreta che la soluzione è l'integrazione e non il contrario. La verità è che I tedeschi hanno fatto la cura dimagrante prima degli altri.

La cura Schröder?
La riunificazione aveva provocato, con i suoi costi e il cambio alla pari tra il marco dell'Est e dell'Ovest, un enorme shock di competitività sull'economia tedesca. Per loro la strada era dunque obbligata ma l'hanno percorsa.

In Germania molti sembrano tentati dalla scorciatoia dell'euro del nord. Sensato?
È un non senso, uguale a quello di chi dice che ci vuole la sglobalizzazione mentre il mondo si globalizza ogni giorno un po' di più. Personalmente trovo seria la proposta Merkel.

Perché?
Riflette la posizione tedesca di sempre, dal 1957 ai tempi di Maastricht. Ora spetta agli altri Governi reagire. E poi avviare il negoziato, previa un'attenta preparazione da parte delle istituzioni europee.

Dipendesse da lei, come sbloccherebbe la crisi?
Prima di tutto ci vogliono leader che si battano per l'interesse generale europeo e ci vuole leadership politica per condurre in porto un progetto a 10-20 anni superando le varie resistenze nazionali. E ci vogliono idee e una proposta chiara. Quando si fece il Trattato di Lisbona, i diplomatici europei si misero intorno al tavolo senza un progetto. Quando facemmo l'Atto Unico nell'85, invece, sapevamo bene che cosa volevamo: creare le basi per il mercato unico. Oggi manca questa progettualità.

Sì, ma in concreto che cosa fare?
Spero che da qui alle elezioni dell'europarlamento nel 2014 la crisi sia risolta. Sapendo che la riduzione del debito costa punti di crescita economica. Per questo bisogna contemporaneamente aumentarne il potenziale con le riforme. Gli Usa hanno lo stesso problema. Con una differenza.

Quale differenza?
Gli europei si sono già messi a tavola per uscire dalla crisi con un debito ridotto. Gli americani devono ancora cominciare, sapendo che dovranno fare un aggiustamento del 3-4 % del Pil per rientrare sul debito, con ovvie ripercussioni sulla crescita Usa.

Si salverà l'euro dal collasso?
Cinque anni fa avrei assolutamente escluso persino l'ipotesi. Oggi le probabilità non sono più pari a zero. Ma restano deboli, perché lo scenario senza euro si annuncia catastrofico. Per la Germania una rivalutazione del marco del 30% sarebbe insostenibile. L'eurozona rappresenta il 20% dell'economia mondiale in un momento in cui nemmeno il resto del mondo va molto bene e non promette bene per almeno 3-4 anni. Per questo la crisi dell'euro va vista anche con la lente mondiale.

In Europa tutti i Governi appaiono deboli. Riusciranno a gestire la crisi o finiranno vittime delle pulsioni anti-europeiste?
Ci vuole leadership, lo ripeto, per disegnare il futuro. Ma ci vuole anche la legittimazione nazionale. Non è facile muoversi su orizzonti globali quando si è tanto condizionati su base nazionale.

Helmut Schmidt ha lanciato un avvertimento ai tedeschi: attenti a non distruggere per la terza volta l'Europa in meno di un secolo. Esagera?
No. Ma in senso lato io appartengo alla sua generazione, che è ispirata dalle esperienze disastrose della storia. Mi chiedo se quello che dice l'ex-cancelliere possa ancora parlare ai giovani tedeschi o ai giovani in generale.

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