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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2012 alle ore 07:20.
L'ultima modifica è del 22 giugno 2012 alle ore 09:57.

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L'affermazione di un'Europa unita è un processo che è proseguito per decenni, con progressi ma anche con insuccessi. La storia dell'unificazione europea ha conosciuto varie crisi.
Ma la cosa fondamentale è che l'Europa è sempre riuscita a trovare una riposta e a uscirne rafforzata, e lo stesso succederà questa volta se i protagonisti politici sapranno far fronte alle grandi sfide e trovare la volontà politica per superarle.
Dal momento in cui fu fondata la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nel 1951, il numero di Stati membri è cresciuto da sei a 27. Parallelamente si è assistito a una costante crescita delle istituzioni e degli organi di regolamentazione comunitari. Per i politici degli Stati nazionali, ma anche a livello europeo, questa complessità rappresenta una grande sfida. I processi decisionali, la distribuzione dei poteri fra l'Unione europea e gli Stati e l'interazione delle istituzioni devono essere semplificati e regolamentati in modo più chiaro: solo a quel punto sarà possibile proseguire sulla strada dell'indispensabile processo di integrazione e migliorare la capacità di agire dell'Unione europea.

Per dotarsi di questa capacità, serve una politica economica europea. La crisi in corso lo ha dimostrato chiaramente. Negli ultimi mesi è diventato chiaro (perfino nel dibattito sul fiscal compact) che l'Unione europea marcia a diverse velocità: la distanza fra quei Paesi che hanno la possibilità e la volontà di avanzare più rapidamente verso l'integrazione e quelli che tirano il freno, come il Regno Unito, si è allargata. Non c'è nulla di insolito in tutto questo, siamo già passati spesso e volentieri attraverso fasi a più velocità. Quando ero cancelliere, ad esempio, Belgio, Germania, Francia e Lussemburgo avviarono un dibattito sulla politica di sicurezza in Europa al Chocolate Summit del 2003. Oggi c'è di nuovo bisogno di un nocciolo duro di Stati per far progredire il processo di integrazione. Più Europa, non meno Europa: questo è l'obbiettivo da perseguire. E i leader politici nazionali hanno la responsabilità di promuovere con determinazione il progetto europeo presso i loro cittadini.
Tutto questo vale, ad esempio, per le iniziative in favore della crescita, per le riforme strutturali e per le proposte di rafforzare le istituzioni europee rispetto agli Stati. Soprattutto è importante applicare in modo più democratico le decisioni europee. Al momento il ruolo dei Parlamenti si sta erodendo e questo potrebbe portare a sua volta a un'erosione della democrazia. Dobbiamo resistere a questa tendenza.

La politica europea deve cambiare rotta in tre ambiti, e questo è l'obbiettivo del Consiglio per il futuro dell'Europa, il consesso appena fondato (io sono fra i soci fondatori) all'interno dell'Istituto Nicolas Berggruen.

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