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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2012 alle ore 10:38.

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È difficile aspettarsi maggiore solidarietà dalla Germania e acclamare l'attivismo della Bce senza comprendere la logica politica che ha portato alla firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance (Tscg), cioè il Fiscal compact: se si vuole arrivare a un compromesso, indispensabile per risolvere la crisi, è essenziale trovare un equilibrio tra solidarietà e responsabilità.

È cioè essenziale stringere un patto di fiducia. Se il contributo politico del Tscg è indiscutibile, la sua incidenza economica - tanto a breve quanto a medio termine - è stata discussa a lungo. È per questo che è opportuno sottolineare che questo trattato dovrebbe essere soltanto un punto di partenza. La sua adozione diverrebbe parte così di una strategia economica europea di uscita dalla crisi molto più ampia, e porrebbe le basi per un'unione economica e monetaria più forte. In vista del Consiglio europeo di fine giugno, è opportuno aggiungere quanto meno tre elementi nel Tscg: il primo che conduca all'adozione di un protocollo integrativo sulla crescita, e gli altri due che promuovano rispettivamente una Unione economica e una Unione bancaria.

Dal punto di vista economico, il Tscg presenta un palese squilibrio, in quanto è troppo incentrato sulla dialettica solidarietà-responsabilità, per le ragioni politiche menzionate sopra. La stabilità e l'austerità sono sicuramente necessarie, ma non bastano, sia a breve sia a medio termine, in quanto la Ue ha bisogno urgente di crescita per ragioni di ordine economico e politico.
Le previsioni pessimistiche sulla crescita in Europa sottolineano le conseguenze negative dell'eccessiva austerità. Oltretutto, un impegno forte del Tue (Trattato sull'Unione Europea) a favore della crescita è altrettanto essenziale per le opinioni pubbliche che accettano il Tscg e, a livello più globale, continuano a sostenere il progetto europeo. Ne consegue dunque che è doppiamente indispensabile inserire nel Tscg un impegno europeo a favore di misure di stimolo alla crescita, che dovrebbe assumere la forma di un protocollo integrativo.

L'adozione di un protocollo d'intesa è preferibile a quella di una dichiarazione politica ad hoc o all'approvazione successiva delle diverse misure già alla studio o in fase di definizione. Questo protocollo contribuirà a formalizzare la visione di un "trattato di stabilità e di crescita" più equilibrato, adattato meglio alle attuali esigenze, dal punto di vista economico e sociale.
Che cosa dovrà contemplare tale protocollo sulla crescita? Se tutti i Paesi della Ue ormai riconoscono la necessità di sviluppare una strategia per la crescita europea, l'ultimo Consiglio informale europeo pare aver rivelato l'esistenza di una notevole divergenza di opinioni tra due gruppi di Stati. Gli uni chiedono alla Ue sforzi più consistenti per gli investimenti e i finanziamenti, per mezzo di obbligazioni europee collegate a progetti, un aumento della capacità di prestito della Banca europea di investimento, una migliore utilizzazione degli attuali fondi strutturali per sostenere la crescita e l'impiego, o tramite l'instaurazione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie.

Gli altri sottolineano invece la necessità di migliorare il mercato unico (in particolare nel settore dei servizi), di facilitare la mobilità della manodopera e di migliorare l'accesso della Ue ai mercati terzi.
Un protocollo integrativo sulla crescita da annettere al Tscg dovrebbe includere queste due tipologie di misure. In un contesto di riduzione delle spese dei governi nazionali, un aumento degli investimenti e dei finanziamenti della Ue è effettivamente essenziale. Del resto, uno sviluppo del mercato unico sarebbe altresì molto propizio alla crescita, mentre le misure di aiuto alla mobilità della manodopera contribuirebbero a ridurre la disoccupazione, giunta ormai a livelli allarmanti nei Paesi maggiormente colpiti dalla crisi.

Nondimeno, il protocollo integrativo sulla crescita non deve essere considerato alla stregua di una "provvidenziale manna dal cielo", in grado di diventare un palliativo per la necessità di riforme strutturali a livello nazionale. In effetti, se la Ue può apportare un valore aggiunto innegabile alla promozione della crescita, è ai livelli nazionali e regionali che le sfide cruciali rappresentate dal rafforzamento del dinamismo politico, della competitività e della coesione sociale dei Paesi europei devono essere raccolte. In un'ottica politica, la ratifica del Tscg e di un protocollo integrativo sulla crescita dovrebbe incoraggiare ciascun Paese a intraprendere le riforme necessarie a superare la crisi e a promuovere il proprio livello di vita in un mondo economico globalizzato.

Il Tscg è uno strumento ordoliberale utile, ma la sua incidenza sarà limitata a livello strutturale, perché non basta mettere a posto ogni singola "casa-nazione" perché il "villaggio Europa" funzioni a regola d'arte. La crisi ha messo in rilievo il grado di interconnessione tra le economie e i sistemi bancari e perfino le elezioni nella zona euro, il che evidenzia la necessità di un'integrazione maggiore. Altrimenti, se è necessario un maggiore controllo delle politiche economiche nazionali, diventa insufficiente: è essenziale un coordinamento più convinto, che faccia affidamento su una visione a tutto campo delle interdipendenze tra i Paesi della zona euro. Il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schauble, dovrebbe dunque essere lodato per la sua recente dichiarazione con la quale ha sottolineato i vantaggi derivanti da un maggiore coordinamento delle politiche economiche nazionali, ben al di là di ciò che prevede il Tscg.

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