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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2012 alle ore 14:50.

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Maroni e Bossi al recente congresso di Assago (Ansa)Maroni e Bossi al recente congresso di Assago (Ansa)

«Il capo sono ancora io». A poco più di una settimana dall'incoronazione di Roberto Maroni segretario federale, Umberto Bossi prova a rimettersi al centro della scena. Si è appena chiuso il primo consiglio federale dell'epoca dei Barbari sognanti e il Senatur scalpita nel nuovo ruolo di presidente del partito che sembra già stargli stretto. «Io sono qui da sempre, abbiamo cambiato la storia, mi ascoltano, mi ascoltano», dice in un'intervista, riferendosi alla base lumbard.

Parla anche della Lombardia e del ruolo del presidente Formigoni («per ora resta lì, ha dimostrato di non essere legato a Roma»), di Roberto Maroni possibile candidato al Pirellone («ora ha molte cose da fare, il governatore si fa a tempo pieno»). E di un possibile ritorno all'asse con Silvio Berlusconi: «Sarebbe un buon segnale», dipende «se cambiano la legge elettorale». Poi la questione esplusioni, sulle quali come presidente del partito punta ad avere l'ultima parola. Maroni però ha già avvertito che su quelle fatte prima del 30 giugno Bossi non avrà voce in capitolo, perché (in quei casi) valgono le regole del vecchio statuto. Diversa la situazione per quelle decise dal primo luglio in poi per chi è stato espulso ed ha più di 10 anni di militanza.

È questo uno dei nodi centrali del contendere tra l'ex e l'attuale segretario federale. Nelle decisioni assunte sull'organizzazione del movimento, il primo consiglio federale dell'era Maroni, ha inserito quella sulle espulsioni: le norme del nuovo Statuto non valgono per chi è stato espulso prima del 30 giugno, quindi nemmeno per Rosi Mauro e Renzo Bossi. Solo poche ore prima Umberto Bossi da un palco della Lega allestito a Castelcovati, nel Bresciano, aveva gridato «basta alle espulsioni», «il potere di espellere o far rientrare nella Lega chi è stato ingiustamente espulso adesso è mio».

A Bossi replicano dirigenti leghisti e militanti.
«Il capo è Maroni, punto. E questo vale per tutti i militanti, Tosi e Bossi compresi», dice Flavio Tosi, segretario della Liga Veneta e maroniano di stretta osservanza. Federico Caner, vice segretario vicario del Carroccio ricorda come il risultato del congresso abbia «sancito che il segretario federale è Roberto Maroni con pieni poteri», ma sottolinea anche il ruolo di Umberto Bossi, che «è il padre fondatore del movimento. La sua figura rimane forte perché il garante dell'unità del partito». Sulla stessa linea le dichiarazioni del Governatore del Piemonte, Roberto Cota che sul nuovo ruolo di Maroni precisa: «Siamo tutti in squadra con lui, una squadra vincente». Gianluca Pini, segretario della Lega Nord Romagna avverte: «Se c'è ancora qualcuno» nel Carroccio che mette in discussione «il fatto che non siamo più un Movimento patriarcale, è bene che inizi a fare i conti con la realtà e con la base». Il segretario della Lega Lombarda, Matteo Salvini sottolinea che «in Lega sono i militanti che decidono, e i nostri militanti si sono espressi chiaramente al congresso federale di Assago». Mentre Giacomo Stucchi, vice segretario federale cita i sondaggi degli ultimi giorni «che danno la Lega Nord in forte risalita» e «confermano che il crinale, rappresentato dalle difficoltà vissute negli ultimi mesi, si sta superando».

I militanti rispondono su Facebook.
«Bobo sono Tutti con te ... sei la nostra speranza ... l'unica», scrive Roberto.
«Se "qualcuno" vuol superare il principio di irretroattivita' in tema di procedura espulsiva si faccia magnanimente carico di riammettere tutti quelli che Egli stesso, per primo, ha mandato negli anni fuori dalle balle!» dice Magister padano.

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