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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2012 alle ore 08:13.

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Monti: Italia su un percorso di guerraMonti: Italia su un percorso di guerra

Le sferzate di Mario Monti – normalmente – arrivano che quasi non ci si accorge. Saranno i toni sempre pacati, i tratti del viso che non mutano, sta di fatto che il contenuto delle parole – rispetto al modo – è sempre spiazzante. E ieri l'effetto si è ripetuto quando il premier, con la solita calma, ha sferrato un j'accuse durissimo contro la concertazione a cui ha attribuito gran parte dei «mali» del Paese.

Quando nacque, nei primi anni '90 a Palazzo Chigi c'era un altro tecnico – Carlo Azeglio Ciampi – e il dialogo sociale servì a inaugurare la politica dei redditi, a raffreddare salari e inflazione, ma per Monti si è – poi – arrivati a una deriva. «Esercizi profondi di concertazione in passato hanno generato i mali contro cui noi combattiamo e a causa dei quali i nostri figli e nipoti non trovano facilmente lavoro». Anzi le giovani generazioni sono state «danneggiate dal modo di comporre i conflitti delle parti». L'indice del premier è puntato contro il ruolo di sindacati e imprese che negli anni ha travalicato i confini del loro mestiere. «Non devono essere soggetti nei confronti dei quali il potere pubblico dia in outsourcing responsabilità politiche».

Il luogo in cui il presidente del Consiglio ha scelto di fare il suo affondo racconta anche altro: era all'assemblea dei banchieri ai quali ha riconosciuto una «collaborazione» che, invece, dice di non aver trovato in altrove. «Mi auguro che tutte le parti sociali si ispirino all'atteggiamento di collaborazione» dimostrato dal presidente dell'Abi Giuseppe Mussari «nonostante non sia stato tenero» con le banche dice di averne ugualmente l'appoggio «e vorrei lo facessero anche alcune parti sociali che hanno avuto benefici importanti per i loro rappresentanti». Riecheggia la polemica dei giorni scorsi con il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi, che era seduto in platea e che aveva già chiarito e archiviato quelle tensioni tra Viale dell'Astronomia e Palazzo Chigi. E così ieri a scatenarsi contro il premier sono stati soprattutto i sindacati che hanno colto più di un elemento di sfida nelle parole di Monti. Per esempio quando ha detto che il suo Governo ha portato «un ridimensionamento del ruolo delle parti sociali».

Non si sottrae, poi, all'analisi di ciò che lo riguarda: fare i conti con le sue politiche, in Italia e in Europa. E avverte che l'Italia ha intrapreso «un percorso di guerra durissimo contro i diffusi pregiudizi, contro le eredità del debito pubblico, contro le sottovalutazioni da parte di noi stessi, contro gli effetti delle decisioni prese in passato e i vizi strutturali della nostra economia». Una guerra metaforica ma che comporterà mutamenti dolorosi visto che la crescita si fa «con le riforme». I risultati? Si sbilancia Monti e li vede già nel prossimo anno quando a Palazzo Chigi sarà insediato il suo successore. «Ci vorrà del tempo ma non ho dubbi che le misure del governo avranno effetti». Il 2013 è quindi l'anno della fine del tunnel, anche se oggi lo spread dà «frustrazione» e ringrazia il Governatore Visco per le sue riflessioni e consigli.

Infine, ringrazia i partiti. E questo – forse – strideva un po' dopo tutte quelle accuse lanciate alle parti sociali, uniche responsabili dei «mali» di oggi. «I partiti al di là di oscillazioni comprensibili si comportano in modo assolutamente responsabile». Un atteggiamento che Monti crede sia diventato «strutturale» anche per il vincolo esterno dell'Europa che talvolta rischia, però, di tessere decisioni su «una tela di Penelope». L'ultima stoccata va a Silvio Berlusconi, proprio nel giorno della sua ri-discesa in campo: «Al G20 di Cannes fu sottoposto a pressioni sgradevolissime e prossime all'umiliazione». Non è la prima volta che lo racconta ma – forse – giova ricordare dove eravamo lo scorso anno.

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