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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2012 alle ore 06:39.

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Ma le previsioni in questa guerra civile siriana non sono quasi mai rispettate. Più tardi è un altro leader degli insorti, Wasel Ayub, a dare la sua versione: «L'Esercito libero ha avviato una controffensiva con l'aiuto di 700 combattenti venuti da altre aeree di Aleppo e ha riconquistato tre delle cinque strade cedute alle forze di Damasco».

Questa è una sorta di guerra di trincea combattuta in mezzo ai civili in una delle città più antiche e affascinanti del mondo, dominata da un'acropoli che è rimasta intatta con le sue mura e i possenti leoni di basalto che secondo la tradizione dovevano tenere lontano le disgrazie.
Ma neppure queste belve di pietra, sotto le quali sfilarono le invasioni di mamelucchi, crociati, ottomani e della stirpe di Gengis Khan, forse avevano mai visto Aleppo con due volti così contrastanti.

Nella parte orientale si accumulano morti e macerie - nel quartiere, secondo l'opposizione, ieri le vittime sono state 33: 14 civili, nove ribelli e dieci militari - ma Salaheddin è soltanto una zona della città, anche se importante perché ci sono i depositi di gas e carburante. Verso sera l'eco distante delle cannonate arriva al Palace Hotel affacciato su una piazza trafficata e quasi indifferente alla battaglia.

A Ovest, in pieno Ramadan, i negozi sono aperti nel quartiere commerciale di Midan con i suoi artigiani eccellenti e le celebri officine che replicano i pezzi di qualunque modello di auto d'epoca: la gente cammina per strada indaffarata e i semafori lampeggiano, ancora funzionanti, in un'apparente sforzo di normalità.

Ma i segnali della guerra si colgono quasi subito entrando in città, lungo la strada che dell'aeroporto conduce fino al check point di Al Bab, la Porta. Una mezza dozzina di autobus bruciati indica che la battaglia continua perché la mappa dei quartieri caldi, da Salahhedin ad Hamdania, da Seif al Dwala a Sukkari, è estesa lungo un fronte segnato dall'antico tracciato della Berlino-Baghdad e dell'Orient Express quando da queste parti esplodeva, con l'avventura di Lawrence, un'altra rivolta araba per la spartizione tra le potenze coloniali delle influenze in Medio Oriente: la tradizione delle guerre per procura, di cui oggi in Siria si parla tanto, qui è assai lunga.

Aleppo resiste ma si svuota. Secondo l'opposizione se ne sono andate nelle ultime due settimane, dall'inizio dell'assedio, almeno duecentomila persone. Da Damasco la Syrian Air offre per Aleppo soltanto voli di andata perché quelli in uscita sono tutti venduti fino alla fine di agosto: gli abitanti, se possono, scappano via. «Le fabbriche del tessile, del sapone, dell'olio sono chiuse», dice Yansour, 29 anni insegnante di scuola superiore. «La disoccupazione - sottolinea - diventerà insostenibile: un operaio guadagna in media l'equivalente in lire siriane di 200 dollari al mese, io circa 250. Ma i prezzi dagli alimentari al carburante sono alle stelle: un litro di benzina qui costa 200 lire, a Damasco 40».

Restano i poveri e quelli che hanno dovuto abbandonare le case per gli scontri tra esercito e guerriglia che trovano un alloggio temporaneo nella "Jedid Aleppo", la Nuova Aleppo, un'interminabile teoria di quartieri popolari edificati dal regime o da organizzazioni come la Zhara Society. Sono edifici di quattro piani con tentativi di verde circondati da strade asfaltate e pietraie. «Pubblica amministrazione e società cooperative finanziano i mutui per l'acquisto degli alloggi da parte degli strati più poveri e della piccola borghesia», spiega Basma. In una scuola ci sono dei rifugiati di Aleppo, quasi tutti del quartiere di Sukkari: sostengono Assad e si capisce anche perché, sperano anche loro in una casa popolare di Zahra.

L'escalation degli scontri
Lo scontro tra il regime di Bashar Assad e i ribelli, iniziato nel marzo del 2011, ha avuto numerosi momenti drammatici coinvolgendo via via diverse città: Deraa, Homs, Hama. Negli ultimi giorni la battaglia, diventata ormai guerra civile, si è concentrata attorno ad Aleppo e alla zona circostante. Ieri carri armati del regime sono entrati in città, mentre raid aerei hanno colpito la zona a Nord (nella foto sotto il villaggio di Tel Rafat, 37 chilometri a Nord di Aleppo, dopo un bombardamento)

Quartiere simbolo
Il quartiere di Salaheddin (nella foto a sinistra), nella zona orientale di Aleppo, ieri è stato teatro di una violentissima battaglia tra le forze lealiste, fedeli a Bashar Assad, decise a riconquistarlo, e i ribelli, che ne hanno fatto la loro roccaforte. I carri armati del regime, tra cui alcuni T-72 di fabbricazione russa, sono inzialmente riusciti a fare breccia conquistando terreno, ma hanno poi dovuto ripiegare di fronte alla reazione decisa degli insorti, affidata ai cecchini e alle granate anti-carro Rpg. Al termine della giornata, secondo fonti dell'opposizione non confermate, si contavano più di trenta morti tra ribelli, militari fedeli al Governo e civili.

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