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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2012 alle ore 08:13.

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Un pò più ottimista Gianni Pittella, Pd , vice-presidente dell'europarlamento e co-autore tre anni fa insieme a Mario Mauro, Pdl, di una raccolta di firme tra i colleghi europei a favore degli eurobond. Ottennero poco meno di un terzo di sì. Nel frattempo però la crisi dell'euro, il suo futuro in bilico, ha cambiato molte cose.
«Il principale punto di forza della proposta Prodi sta nel fatto che il capitale sarebbe conferito in beni reali. Questo permetterebbe anche a governi meno liquidi come quelli dei paesi mediterranei, di potervi partecipare a pieno titolo, rafforzando la credibilità e attrattività di questi strumenti di debito. Si sfaterebbe così la falsa immagine dei paesi mediterranei come "free riders" dell'Europa, quelli che alla fine non pagano il conto. Il Sud Europa ci metterebbe le proprie risorse! Questo conforterebbe gli ambienti tedeschi più scettici che temono che alla fine la Germania pagherà per tutti».

Pittella aggiunge che «parte della proposta italiana è stata ripresa dagli esperti economici tedeschi quando hanno proposto la creazione del Fondo di Redenzione, finanziato da garanzie reali come l'oro delle Banche centrali e già approvato dall'europarlamento». In questo senso, conclude, «il piano Prodi-Curzio ha già fatto breccia in Germania e può farla smuovere davvero».
Federalista convinto e militante, Mauro non può che «condividere tutte le proposte destinate in prospettiva a sfociare nella mutualizzazione del debito dell'area euro in quanto passo concreto verso l'Europa federale». Vede nell'iniziativa italiana imperniata sul conferimento di garanzie reali «un elemento concreto per ricostruire la fiducia intra-europea e rassicurare i paesi della Tripla A che da sempre vedono negli eurobond uno specchietto per le allodole al fine di mungere i loro soldi».
Però non si nasconde gli ostacoli: prima di tutto costituzionali, in primis in Germania, dove non si ritiene ci siano le basi giuridiche per dar seguito alla proposta.

In realtà «quando furono redatte le Costituzioni non si potevano prevedere l'Europa e le conseguenti cessioni di sovranità». In questo senso, sottolinea Mauro, se la Corte di Karlshrue dovesse dichiarare legittimo l'Esm, sarebbe un salto di qualità enorme, la nascita dell'Europa come Unione di trasferimenti, cioè di mutualizzazione del debito, diventerebbe possibile, come negli Stati Uniti». E offrirebbe anche ad Angela Merkel, come auspica, «la possibilità reale di incidere sulle politiche di bilancio dei paesi dell'euro» nell'ambito di un ragionevole do ut des.
Proprio perché guidata da una logica esclusivamente giuridica, non è detto secondo la Goulard che «le garanzie reali presenti nel piano Prodi bastino a far saltare in Germania il divieto alla mutualizzazione del debito». E anche se «è giusto che l'Italia sottolinei di essere un contribuente netto dei Fondi salva-Stati, non è certo che tutto questo basti a convincere i giuristi tedeschi».

La verità, secondo l'eurodeputata francese, è che «la Germania per ora resta contraria all'idea delle garanzie comuni, le uniche che sarebbero credibili per i mercati e al tempo stesso resta convinta che quel che succede nel Sud Europa è la giusta punizione per i suoi comportamenti dissennati». E poi, «Berlino come il Nord non ha voglia di rinunciare ai benefici della crisi, ai bassi tassi con cui si finanzia insieme alle sue imprese».
Per questo, dice Verhofstadt, «la Commissione Barroso deve presentare quanto prima una proposta formale sugli eurobond, perché i tedeschi esiterebbero a bocciarla. Oggi non c'è una proposta, quindi per loro non c'è un problema». Conclude con un avvertimento: se la Commissione non agirà presto, l'europarlamento ne tirerà le conseguenze.
Prodi prova a smuovere le acque sotto i morsi della crisi ma la strada degli eurobond resta accidentata indipendentemente dalla qualità dei piani e dalla buona volontà dei proponenti.

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