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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2012 alle ore 19:33.

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Monisha Kaltenborn (LaPresse)Monisha Kaltenborn (LaPresse)

Indiana di nascita ma cresciuta in Austria dopo gli otto anni, Monisha Kaltenborn rappresenta uno dei primi veri tentativi di dare dignità e parità alle donne nella Formula 1 anche ad altissimi livelli. La poco più che quarantenne manager ha infatti raggiunto una quota di un terzo delle azioni del team elvetico Sauber, assumendo contemporaneamente la carica di Ceo.

«Si tratta di una grande responsabilità e un grande onore pensando alla fiducia che Peter Sauber ha avuto in me: me la sono guadagnata lavorando con il team dal 1998, vivendo momenti belli e altri molto difficili». Pensare che la Kalternborn non era un'appassionata di monoposto, ma il suo lavoro l'ha portata prima a occuparsi degli affari legali della scuderia esternamente, e poi ne è diventata parte integrante a tempo pieno. «Da ragazza, essendo cresciuta in Austria in un periodo con piloti in attività, non era possibile non sentire parlare di Formula 1 ma, all'epoca, mi attirava di più il mondo dei rally. Invece è diventata una vera passione non appena l'ho conosciuta da dietro le quinte: se ne sente sempre parlare, ma il fascino di vedere come funziona veramente è impagabile. Si iniziano ad apprezzarne gli aspetti sportivi, tecnici e commerciali che, nel panorama sportivo, costituiscono una combinazione davvero unica».

Monisha vive una tranquilla vita familiare sul Lago di Zurigo, «un posto meraviglioso per far crescere i propri figli», dove cerca di trascorrere del tempo con loro, cucinando, aiutandoli a fare i compiti e, quando possibile, giocandoci anche insieme a tennis.
Oltre a manager e a mamma, la Kalternborn è anche ambasciatrice della Fia e sente forte nel cuore la responsabilità nei confronti della popolazione indiana. «Con il ruolo che ho, cerco di aiutare la causa di promuovere maggior lavoro per le donne, possibilmente anche nel mondo dell'automobilismo e degli sport a motore. E con la federazione abbiamo lanciato tante attività promozionali sin da prima dell'esordio nel circuito indiano dello scorso anno anche nelle scuole per avvicinare le quattro ruote ai giovani».

La dirigente Sauber ha ben chiaro il potenziale della sua terra natale: «Coinvolgere la F1 in India è stato veramente importante da ambo i lati. L'organizzatore è finalmente entrato in un mercato molto grande di cui si sentiva la mancanza, anche perché l'India è spesso assente dagli sport di livello globale. D'altro canto, per l'India è stata una grande opportunità di diventare parte di questa attività molto visibile internazionalmente ed entrare in un gruppo limitato di nazioni. E soprattutto è stato importante poter offrire alle imprese indiane una piattaforma in grado di consentire di mostrarsi al mondo, e allo stesso modo consentire a brand stranieri di farsi meglio conoscere nella grande nazione indiana».

La posizione della Kalternborn nella Formula 1 si è subito distinta anche a livello politico, con la nota rivalutazione della Resource Restriction Agreement: è sua infatti viva convinzione che un tetto più solido e definito ai budget possa vivacizzare molto di più questo sport. E fare anche piacere agli sponsor, non facili da trovare. «Nell'augurarmi che la FIA ascolti tutti i team che hanno chiesto di ridurre il budget, penso che sia la giusta risposta al clima economico generale, dove è difficile trovare nuovi partner. È evidente che, nelle aziende che soffrono, la prima voce di spesa che si va a tagliare è proprio quella delle sponsorizzazioni». Per cui l'efficienza e la stabilità diventano fattori fondamentali per attrarre nuove realtà. «Noi finalmente abbiamo riguadagnato stabilità dopo il grosso riassetto del 2009, dove abbiamo vissuto la ritrasformazione da costruttore a team privato. Ma grazie a partner come Telmex, che ha scelto con fiducia il nostro team per il loro ingresso in Formula 1,sono poi arrivati anche altri brand molto importanti».

E uno dei modi per affrontare le nuove sfide future è la sinergia con altri pianeti sportivi, come il calcio, con il quale il team Sauber ha siglato un matrimonio molto particolare. «Abbiamo creato un rapporto con il Chelsea perché siamo entrambi due brand molto conosciuti all'interno di due sport molto seguiti nel mondo e con una grande base di fan. Siamo arrivati infatti a capire che abbiamo molte attività comuni, come la ricerca e la crescita di nuove leve, dove possiamo aiutarci e imparare reciprocamente dalle esperienze di entrambi». Ma l'altra sinergia è squisitamente commerciale e legata all'ottimizzazione degli investimenti degli sponsor. «Insieme al Chelsea possiamo essere più forti nell'attrarre nuovi partner in entrambi gli sport. Molto spesso tante grosse aziende scelgono di essere nell'una o nell'altra disciplina. Ma se uno di noi offre al potenziale partner una piattaforma comune ci sono indubbiamente più benefici e meno costi per tutti».

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