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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2012 alle ore 13:22.

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Bersani e Casini insieme dai cattolici delle Acli. Divisi (sulla legge elettorale), uniti contro i populismi (Ansa)Bersani e Casini insieme dai cattolici delle Acli. Divisi (sulla legge elettorale), uniti contro i populismi (Ansa)

Insieme dopo le prese di distanza di questi giorni. Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini a Orvieto rispondono alle sollecitazioni delle Acli, a partire dalla questione alleanze. E davanti alla platea cattolica riconoscono alcuni punti comuni.
Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli, gli chiede schiettezza perché «i cattolici sono smarriti» e indica i temi sui quali basare l'intesa possibile: un piano straordinario per l'occupazione giovanile, misure di contrasto alla povertà assoluta, cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia, un fisco a misura di famiglia. Poi tocca il tasto più dolente, quello della legge elettorale e indica alcuni paletti: che dia libertà di scelta dei parlamentare ai cittadini, sbarramento non oltre il 5%, un premio che non permetta di governare a chi ha meno del 40% dei voti e «la certezza di sapere chi governa dopo le elezioni». Sia a Casini sia a Bersani le Acli chiedono un rinnovo della classe dirigente e di cambiare i partiti.

Sulla legge elettorale i distinguo restano: il leader Udc non è disposto a rinunciare alle preferenze, il segretario Pd ribadisce di preferire i collegi. Bersani si dice disposto «a fare ulteriori passi di mediazione», ma «ma non ci sono altri testi da discutere». Sì dal leader Pd alla «flessibilità» sul premio di maggioranza, ma il sistema deve assicurare «la governabilità». Poi ripete: «Se il Parlamento sarà frammentato, io non farò la grande coalizione». Il Pdl, dice Bersani, «non sa cosa vuole sulla legge elettorale, perché non ha ancora deciso se provare a vincere oppure incasinare la vittoria degli altri».
Gli altri punti posti dalle Acli uniscono più che dividere i due leader, cittadinanza a chi nasce in Italia compresa, tema sul quale arriva così dall'Udc il via libera a un punto centrale nella proposta di governo del Pd.

«Siamo amici ma non veniamo dalla stessa radice politica, veniamo da storie diverse e abbiamo idee diverse», ricorda Pier Ferdinando Casini parlando di Bersani. Però «abbiamo unito forze diverse per creare una svolta politica», la svolta Monti al quale il leader Udc assegna un dieci e lode in tema di politica europea, «è stato un gigante, senza lui la Bce non avrebbe assunto questo atteggiamento e la Merkel non avrebbe contranstato un certo conservatorismo tedesco». A Bersani riconosce di aver ricordato alla sinistra militante il ruolo dei centristi «quando si trattava di mandare a casa Berlusconi» e al Pd di aver fatto, con l'appoggio a Monti, «una scelta che costa molto, di responsabilità nazionale». Ma per la prossima legislatura le forze politiche devono «fare alleanze su progetti chiari». Quanto al populismo, «c'è un grillismo diffuso a 360°, di chi ha sempre le ricette giuste e il grillismo è un' altra variante dell'illusionismo perché Fi e Pdl sono un esempio di democrazia rispetto a quello che succede nel M5S». Poi una stoccata per Sergio Marchionne: aveva annunciato «interventi miracolistici da parte di un'azienda che é stata lungamente incentivata dalla politica» e oggi «sta dettando in modo disinvolto una politica, forse legittima ma moralmente discutibile», cioé «suona il ritiro dall'italia».

«Io e Casini vogliamo l'euro», sottolinea Bersani «Berlusconi dice, un giorno sì e un giorno no, che vuole tornare alla lira» e «Grillo minaccia addirittura di non pagare i debiti». Quanto alle alleanze il segretario Pd sottolinea: «Voglio organizzare un campo dei progressisti, che sia aperto ai moderati europeisti e rispettosi della Costituzione, contro i populismi». E sul rinnovamento della politica: «Dobbiamo cambiare anche noi, riformare la democrazia rappresentativa e mettere al primo posto la legge sui partiti». Bersani parla di «partecipazione vera» e cita l'esempio delle scelte compiute dai democratici per la designazione dei componenti del Cda Rai. Sulle primarie ironizza: «Può essere che qualcuno (che milita in altri partiti, ndr) possa venire alle nostre, ma almeno possono decidere qualcosa». Se andrà al governo, annuncia Berrsani, porterà la povertà in tv per raccogliere un miliardo di euro. Chiamerà «i comuni, la Caritas, le Acli», li farà vedere in televisione per «fargli dire come é la situazione della povertà assoluta, far vedere le file alla mensa delle Caritas, far vedere cosa succede a un cassintegrato. E poi voglio vedere se non riesco a tirar su un miliardo di euro dagli italiani».

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