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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2012 alle ore 16:38.

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Ci sono le violazioni al codice penale, che siano peculato o appropriazione indebita e false fatture, ci sono le spese lecite perché una legge con maglie troppo larghe non fissa limiti, ma abnormi e che sfuggono al capogruppo distratto che tiene i cordoni della borsa. E poi il denaro pubblico usato in modo ordinario che entra nel calderone per essere utilizzato contro l'avversario politico fuori e dentro il partito.

Si muove su tre piani la vicenda delle spese allegre che ha scosso il Pdl del Lazio in queste settimane partita dall'inchiesta della Procura di Roma sull'ex capogruppo del partito in Regione, Franco Fiorito. Le sue dichiarazioni hanno fatto vacillare la poltrona di Renata Polverini, e parlano di un «sistema» di spartizione tra i partiti che siedono alla Pisana.

I reati nel mirino dei magistrati
Peculato, come è scritto nel fascicolo dell'inchiesta, o appropriazione indebita come sostiene il suo difensore, Carlo Taormina «perché i gruppi ed i partiti sono soggetti privati». Ma certo quello che viene contestato a Fiorito dai magistrati romani non sta neppure nella zona d'ombra tra il lecito e l'illecito. Un pacchetto di 109 bonifici per almeno circa 800mila euro dal conto del gruppo Pdl sui suoi conti personali tra Italia e Spagna. Al setaccio tutto il patrimonio del consigliere piddiellino, tra cui appartamenti tra Roma e Anagni, la sua città e una villa al Circeo.

Le spese pazze
«Ho portato sei milioni di ricevute di tutto il gruppo ai magistrati». Sei milioni di spese più o meno pazze. A detta di Fiorito: «Si era perso il senso della misura. Chiedevano tutti soldi erano diventati insopportabili, una persecuzione chiedevano tutti soldi». Addirittura l'ex capogruppo ha anche il dubbio che in qualche caso le fatture presentate fossero false. Come quella per una cena per trecento persone in un locale che ne può contenere un terzo. Ma al di là dei sospetti del "sospettato" sta di fatto che c'è una vecchia legge nel Lazio, aggiornata nell'era Storace, tanto volutamente vaga da consentire di fatto qualsiasi tipo di spesa senza guardare troppo per il sottile: ciascun gruppo consiliare, ha diritto «a un contributo mensile per le spese di aggiornamento studio e documentazione compresa l'acquisizione di collaborazioni nonché per diffondere tra la società civile la conoscenza dell'attività dei gruppi consiliari, anche al fine di promuoverne la partecipazione all'attività dei gruppi stessi e particolarmente all'esame delle questioni ed all'elaborazione di progetti e proposte di leggi e di provvedimenti di competenza del Consiglio regionale».

La necessità di un limite
Fatta la legge trovato l'inganno. E senza alcun criterio e trasparenza sulla ripartizione delle risorse decisa dalla presidenza del Consiglio regionale in modo discrezionale. Fiorito ha anche parlato di un accordo tra partiti per spartirsi la torta. A ogni consigliere (in tutto l'emiciclo) andavano 100mila euro che nel Pdl potevevano arrivare a 300mila a secondo degli incarichi.

Niente di penalmente rilevante, vero, ma qui scatta la vera questione, quella dell' opportunità e della decenza di fronte ai cittadini. Il cui limite non sarebbe difficile da individuare. E chi dovrebbe controllare preferisce far finta di nulla. «Non ne ho la minima idea» ha risposto il capogruppo Udc alla Pisana, Francesco Carducci a cui è sato chiesto se sapesse come i suoi consiglieri avessero utilizzato i 145mila euro del gruppo alla voce «spese varie».

La guerra sui media
C'è poi utlizza i media per amplificare e rendere illecito l'uso "istituzionale" del denaro pubblico. È successo anche questo in questi giorni. Ma attenzione perché la notizia può essere un piatto freddo servito al tavolo dell'avversario politico. Non sempre, come dimostrano i fatti, di un altro partito.

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