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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2012 alle ore 11:00.

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La Lega vuole «un unico election-day ad aprile», per le politiche e per le regionali in Lombardia, dopo aver approvato la legge elettorale regionale e quella di bilancio «entro Natale». Lo ha deciso il consiglio federale del Carroccio, che chiede inoltre le dimissioni «immediate» di tutti i consiglieri lombardi rinviati a giudizio. «Una scelta giusta e tempestiva», assunta «all'unanimità», alla quale «darà esecuzione Matteo Salvini» ha precisato Roberto Maroni. Che esclude l'effetto domino su Veneto e Piemonte. Ma il Pdl pretende spiegazioni.

Al segretario federale e al segretario nazionale lombardo, è stato dato mandato di gestire la questione, sia per quanto riguarda il nuovo assetto regionale, sia per quanto riguarda la durata dell'attuale legislatura. E la decisione di oggi verrà sottoposta a referendum il 20 e il 21 ottobre, nei gazebo che verranno allestiti nelle piazze lombarde per chiedere ai cittadini se condividono la scelta di andare a votare in aprile. Verrà anche chiesto, ha annunciato Salvini, chi vorrebbero come governatore della Lombardia. Se tornare in giunta la Lega lo valuterà nelle prossime ore. Ma il segretario nazionale lombardo ribadisce che «dopo 15 anni di Regione Lombardia Roberto Formigoni può lasciare il testimone».

Il governatore ha incontrato questa mattina nella sede della Questura di Milano il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. Temi, secondo quanto riferito dal presidente della Lombardia: il riordino delle Province e l'attività del numero unico per le emergenze (112), varato in alcune zone della regione. Al termine del colloquio Formigoni ha precisato di essere pregiudizialmente contrario ad una giunta a tempo, creata per durare solo qualche mese e non fino alla fine della legislatura. «Certamente», ha risposto a una domanda dei giornalisti, «le giunte nascono per eseguire un programma e questo vale per tutta la legislatura». A suo dire sarebbe «sbagliato» anche un eventuale appoggio esterno della Lega che non accetterebbe.

Nel Carroccio, alleato di Formigoni, i mal di pancia erano forti dopo la decisione di continuare a sostenere il governo della Lombardia. Matteo Salvini (come Umberto Bossi) ha insistito per il voto ad aprile, anzi ha definito «inutile» la nuova giunta aggiungendo che il Carroccio non dovrebbe entrarci nè dare l'appoggio esterno. Roberto Maroni, secondo quanto pubblicamente riferito dallo stesso Formigoni, sarebbe stato propenso a non staccare subito (a primavera) la spina, probabilmente in modo da non escludere alcun tipo di possibilità in vista delle urne. Tra la base c'è chi non ha gradito, insistendo per uno strappo con il governatore lombardo. E ora plaude alla linea dura decisa dal consiglio federale. Sulle pagine Facebook di Maroni e Salvini ci sono messaggi di approvazione e alcuni invitano a prepararsi per «la battaglia di aprile, per vincere da soli». Il forum non ufficiale dei giovani padani richiama una frase cara al Senatur: Formigoni «fori dai ball». Intanto Salvini precisa che «non c'é contrasto con Maroni, anche lui ha parlato di voto nel 2013».

Ma il Pdl non ci sta. Il coordinatore nazionale del partito, Ignazio La Russa si dice stupito e chiede una nuova riunione con il Carroccio «per spiegare i motivi di questa scelta e capire se si tratta di una decisione irreversibile». «Eravamo abituati ad una Lega un po' piu' affidabile», osserva l'ex ministro. «Per noi vale l'accordo sancito giovedì a Roma», dice il capogruppo in Regione Lombardia Paolo Valentini, «non crediamo che Maroni possa essere smentito dal suo partito». La Lega «si è divisa e i suoi vertici sono stati sconfessati» secondo il vicepresidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli. E il Carroccio «nei confronti del Pdl non può fare la maestra di moralità».

L'opposizione insiste con la richiesta di dimissioni e prepara la manifestazione di lunedì.
«È evidente ancora una volta che la maggioranza uscita dal voto del 2010 non c'è più», dice il segretario lombardo del Pd, Maurizio Martina. Quindi, «Formigoni prenda atto una volta per tutte della situazione e rassegni subito le dimissioni».

Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, invita i lombardi a una ribellione civica contro la corruzione e l'intreccio tra politica e criminalità organizzata. E al governatore chiede dimissioni immediate.
«Una gravissima caduta di stile» quella del sindaco secondo Formigoni. «Quando uno fa osservazioni di questo tipo - aggiunge -, come minimo dovrebbe avere la coscienza limpidissima. Pisapia è in carica da poco più di un anno e già l'azione della sua giunta è sotto i riflettori per una vicenda dai contorni molto poco limpidi». Il riferimento è alla gara per la vendita al fondo F2I di quote di Sea. Poi Formigoni cita il caso di Nichi Vendola e dice: Pisapia «dovrebbe fare pulizia in casa propria prima di occuparsi di casa d'altri».

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