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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2012 alle ore 19:49.

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Questa mattina al Lingotto di Torino accoglierà il ministro delle Politiche agricole, con cui ha collaborato strettamente nella stesura del provvedimento sulla difesa dei suoli, e aprirà ufficialmente la nona edizione della sua creatura più nota, il Salone del gusto. Ma l'inaugurazione che ha acceso più emozioni è stata quella di ieri sera, quando insieme a José Graziano da Silva ha incontrato i protagonisti di Terra Madre, contadini e produttori di 400 comunità provenienti da cento Paesi. Qui da Silva «ha avuto di fronte la vera Fao» dice Carlo Petrini.

Il fondatore e agente propellente di Slow Food conosce il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione dai tempi in cui era un ministro del governo Lula e con il progetto Fame Zero riuscì a eliminare la piaga della fame dal Brasile. La sua presenza, sottolinea Petrini, sancisce e riconosce il valore politico del Salone, che in questa edizione per la prima volta si unisce in un evento unico con Terra Madre.


Lontani i tempi in cui della manifestazione torinese emergeva solo il profilo gastronomico, la grande fiera dei prodotti tipici di qualità per ghiottoni e gurmettari. Oggi le parole d'ordine sono altre: biodiversità, rispetto dell'ambiente, sovranità alimentare. Tematiche al centro del dibattito mondiale. Un'agenda imposta dalla crisi economica che ci obbliga a riscoprire il valore dell'economia primaria e a sostenere le produzioni locali.


«Buono, pulito e giusto» devono essere i nostri paradigmi, sostiene Carlin, come viene chiamato da amici e sostenitori il presidente di Slow Food. E Terra Madre non deve essere considerata una manifestazione folcloristica che fa convergere per qualche giorno a Torino migliaia di contadini in festa: «È un network attivo 365 giorni l'anno», che dalla prima edizione del 2004 è cresciuto e si è rafforzato. «Qualità del cibo e rispetto dell'ambiente devono andare di pari passo – spiega Petrini – e va garantita una giusta remunerazione ai produttori. Trent'anni fa il grano era venduto a 25mila lire il quintale, oggi è pagato ai contadini 12 euro, praticamente lo stesso prezzo. Il latte è venduto a 32 centesimi, per un chilo di carote l'agricoltore riceve 9 centesimi! È chiaro che così non si può andare avanti». Cosa fare allora? Sostenere le piccole e medie aziende agricole, dare incentivi ai giovani, utilizzare le tecnologie («non sogno certo un ritorno alla vita dei nostri vecchi contadini»), riconoscere contributi a chi fa agricoltura virtuosa.


Che non necessariamente deve essere biologica. In questo campo si è fatta molta speculazione, riconosce Petrini, i prodotti bio hanno assunto il valore di status symbol e sono spesso troppo cari. Più del biologico, secondo Slow Food conta la dimensione locale, disintermediare il rapporto con il consumatore, avere radici più salde, che è anche un modo per difendere meglio il territorio.

Se spendiamo troppo per mangiare è soprattutto perché sprechiamo: «Ogni giorno in Italia si gettano nella spazzatura 4mila tonnellate di cibo». Per invertire la tendenza servono educazione alimentare e best practice: per cominciare al Salone verrà distribuito un vademecum anti-spreco con poche, chiare regole di comportamento. E poi più mercati locali, più orti («quest'anno ne abbiamo aperti 500 nelle scuole»), i gruppi di acquisto solidale e i community supporter, cittadini che investono in aziende agricole. Senza demonizzare la grande industria. «Sono da sempre un teorico della coesistenza pacifica con l'industria alimentare – afferma Petrini – anche perché è sempre più marcata da parte di molte di queste realtà un'attenzione non di facciata ai temi della sostenibilità».

Nei cinque giorni del Salone si discuterà di tutto questo con produttori, esperti e molti chef. Cinquantasette conferenze, diciannove incontri nella Casa della biodiversità, venti attività educative. Ma al Lingotto si celebrerà anche un grandioso happening del cibo che, come dice Petrini, «ha diritto di restare un piacere». Saranno presenti i prodotti di 320 presidi Slow Food che in Italia e in giro per il mondo hanno salvato dall'estinzione produzioni tipiche e ridato fiato a piccole economie locali. E per la prima volta anche i contadini di Terra Madre porteranno i loro prodotti.
Un enorme macchina organizzativa (mille espositori in 80mila metri quadri) con costi ridotti al minimo, anche perchè questa edizione deve fare i conti con un ridimensionamento sensibile dei finanziamenti pubblici. Non è mancato il sostegno delle storiche aziende partner e ci si aspetta di replicare il boom di pubblico del passato, l'ultima volta oltre 200mila visitatori.

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