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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2012 alle ore 13:37.

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«La cucina di strada è malandrina. Ti ammalia con i suoi profumi, si propone, ti cerca lei. Ha un fascino irresistibile, quello che ritrovi in tutto il mondo agli angoli delle strade». Antonio Tubelli, nome di battaglia «Monzù Scazzettella», è uno dei grandi ambasciatori dell'anima più verace della cucina partenopea: quella che attinge direttamente alla tradizione dei mangiamaccheroni e, appunto, dei monzù. In questi giorni è anche uno dei protagonisti che stanno animando i vicoli e quartieri di Terra Madre, temporary city gastronomica e costola del Salone del Gusto dove viaggiare ad ogni latitudine culinaria. Tubelli, da tanti anni e da tempi non sospetti, ha restituito alla cucina di strada il ruolo che le spetta.

Lo incontriamo al Café Oval, insieme ai colleghi giapponesi Akio Nishikawa e Kayoko Matsumura, maestri pizzaioli in quel di Osaka. Dal Giappone ai vicoli di Napoli, colleghi vicini "nella celebrazione della cucina italiana attraverso la grande cucina napoletana, fuori dagli stereotipi e dal folklore". Al Salone il "cuoco" Tubelli (occhio a chiamarlo chef!) ha interpretato l'icona timballo in due versioni: una di paccheri in piedi farciti con riso, patate e provola, l'altra con il ragù – "vero piatto della festa" – cucinato con coda di bue, lingua di maiale farcita, stinco di maiale e di vitello e punte di petto. Due piatti filologici ma anche pretestuosi, utili per parlare di un tema più attuale che mai: "cucina senza sprechi", sensibilità e conoscenza dei prodotti. "Abbiamo disimparato a conoscere le materie prime – continua Tubelli - e non sappiamo più come utilizzare tutte le parti dei prodotti, come si faceva nelle cucine di casa di una volta".

Serve un approccio più fantasioso: per riciclare il ciuffo verde delle carote come erba aromatica nelle insalate o le foglie della rapa rossa come involtini da farcire, dopo averle sbollentate. Ma attenzione: "Questi ragionamenti non possono essere legati solo alla contingenza economica negativa, altrimenti si tratta solo di moda. Devono invece diventare una buona consuetudine sempre". Tubelli si può definire un pioniere e il suo Timpani e Tempura (microtempio di eccellenze e golosità nel cuore di napoli: Vico della Quercia 17) un indirizzo contemporaneo come pochi altri nella sua riscoperta filologica della tradizione. Soprattutto oggi che anche l'haute cuisine flirta con lo street food.

Tra i principali protagonisti di questa nuova liaison c'è innanzitutto Davide Scabin. Allo stand Felicetti lo chef bistellato del Combal.zero di Rivoli sta scompigliando regole e certezze dei mangiatori di pasta abituali. Che all'inizio si avvicinano perplessi ma poi si convertono allo Scabin-verbo. "L'obiettivo è quello di raggiungere un pubblico maggiore comunicando in modo diverso, senza restare chiusi in torri d'avorio. La pasta è l'ultimo baluardo del made in Italy a livello mondiale ma non bisogna aver paura di reinventarla o di decontestualizzarne l'uso". A cominciare dalla componente "visual", il più lontana possibile dall'immagine - di Sordiana memoria - della "cofana" di pasta.

Ecco allora "Fast Spaghettoni Soup", invenzione dello chef piemontese con la complicità di Riccardo Felicetti, quarta generazione alla guida del pastificio di Predazzo. Ricetta semplice e super fast: spaghettoni precotti in infusione (e tuffati in olio freddo, una sorta di "tempratura" della pasta) e poi compressi in versione pastiglia, verdure (di alta qualità) disidratate e brodo dashi vegetale Il tutto servito in un bicchierone stile Starbucks. Una provocazione? Certamente. Ma soprattutto un modo per cambiare la prospettiva sull'argomento pasta, spaccare gli schemi, giocare sui tabù dei grandi chef (precottura in primis). Una pasta da passeggio con tutto il calore "comfort" del bicchiere per i mesi più freddi. Un antidoto per quando c'è poco tempo a disposizione. E anche un modo per dimostrare che in dieci minuti si può creare un piccolo capolavoro, con gli ingredienti giusti, e che fast food non vuol dire necessariamente bassa qualità. "Ho voluto giocare sulla materia prima e sulla fruibilità - conclude Scabin - attraverso design e progettualità". Per trasformare la pasta in un cibo "trasportabile". Alla pari dei più classici noodles e di altre innumerevoli interpretazioni orientali da scoprire a Terra Madre. Come quelle presentate al pubblico dalla chef Sue Zhou. Originaria della provincia di Zhejiang, oggi ha una scuola culinaria a Pechino dove accoglie dieci classi a settimana con dodici studenti ognuna.

Ci sono gli occidentali desiderosi di imparare la tradizione (una delle cento differenti) culinaria cinese. Ma ci sono anche i nuovi foodie cinesi, che vogliono imparare l'arte pasticcera e quella della panificazione, gli abbinamenti perfetti con il vino, un modo più raffinato di impiattare. Al pubblico del Salone Zhou ha presentato i suoi panini al vapore (impastati con una manualità fuori dal comune) con funghi shitake, bok choy e salsa di soia. Funghi che – sottolinea la giovane chef – dovrebbero crescere solo sui tronchi di querce ma che ormai vengono anche "allevati" in modo commerciale. Ecco perché lo street food diventa uno strumento importante – come ricorda ancora Tubelli – per promuovere le produzioni e i cibi locali, quelli autentici.

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