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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2012 alle ore 16:18.

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Gaston Acurio e Massimo BotturaGaston Acurio e Massimo Bottura

Spostare i riflettori dal palcoscenico dell'alta cucina e puntarli sui campi, sui fiumi, sulle fattorie. Restituire visibilità al lavoro dei contadini, dei pescatori e dei casari. Dare il giusto valore al grande artigianato alimentare, quello che consente ai grandi chef (agli "starchef") di poter quotidianamente esprimere la loro cucina. Dall'Amazzonia alle colline modenesi, il fil rouge culinario della giornata di domenica del Salone del Gusto di Torino è stato questo.

E a lanciare l'accorato e sincero appello sono stati proprio alcuni dei più grandi protagonisti della cucina contemporanea mondiale: da Roberta Sudbrack - interprete raffinata e appassionata della nuova onda brasiliana e invitata a uno dei Teatri del Gusto - a Massimo Bottura – impegnato in due laboratori didattici con una poderosa ode al territorio – al dream team della cena con i nostri due insieme a Gaston Acurio, Enrique Olvera, Carlos Garcia e Matias Perdomo. Il meglio del Sudamerica a braccetto con il tristellato cuoco modenese dell'Osteria Francescana.

La Sudbrack, ex personal chef del presidente Fernando Cardoso, ama particolarmente il nostro paese. "Ho un legame molto forte con l'Italia, ogni volta che sono qui mi sento a casa e la vostra cucina è una grande fonte di ispirazione nel mio lavoro, nel quale cerco sempre più di avvicinarmi alla semplicità". Una strada poco battuta, a volte in direzione contraria al mainstream (non solo gastronomico) e alla grandeur che sta caratterizzando il Brasile di questi anni di crescita pre-Mondiali e Giochi Olimpici. Definizioni sartoriali come "fatto a mano" o "su misura" sono molto vicine all'idea di cucina di questa ragazza nata a Porto Alegre ma ormai carioca d'adozione. Poca tecnologia, utilizzo della manualità, lavorazioni il più naturale possibile per svelare l'essenza e il gusto vero del prodotto. "Non sono io a decidere cosa fare al ristorante – prosegue la Sudbrack – ma è la natura e sono i pescatori a dettare le scelte. È una sfida quotidiana. I cuochi troppo spesso soffrono di protagonismo e vogliono primeggiare sugli ingredienti, invece bisogna fare un passo indietro e lasciare che sia la materia prima la vera star".

Il segreto è lavorare con prodotti spesso snobbati e poco valorizzati dall'alta cucina ma che sono un baluardo della donna di casa brasiliana. Ad esempio il quiabo (l'abelmoschus esculentus, conosciuto anche come ocra), frutto di tutti i giorni che raramente trova spazio nell'alta gastronomia. Bisogna renderli meno banali e cambiare anche l'approccio all'ingrediente: è il caso del pomodoro, scelto in onore della trasferta italiana. Tra le mani della Sudbrack si trasforma in un'ostrica vegetale.

Utilizzando la parte normalmente scartata, quella gelatinosa contenuta all'interno, per una "textura" che ricrei la sensazione dell'ostrica, con il pomodoro servito molto freddo e guarnito con prezzemolo fritto per esaltare la componente salmastra. Il secondo piatto che presenta è un cuore di palma bebè – "il caviale del palmiento" – servito crudo per apprezzare al massimo la morbidezza e dolcezza e farcito con pomodori ciliegini marinati in olio con una foglia di basilico, aglio e zucchero. Infine il dolce, una mousse al cacao con farina di manioca, "perché il Brasile è un grande produttore di cacao ma non un traformatore, invece è fondamentale promuovere di nuovo la cultura del cioccolato. È importante stabilire un forte legame con i produttori, scoprire come vivono nei campi e come possiamo aiutarli. Siamo noi a dipendere da loro, non dobbiamo dimenticarlo". Nella sala accanto le fa eco Massimo Bottura: "Non si può parlare solo di chef. Dietro di noi ci sono artigiani che si alzano alle cinque del mattino per produrre capolavori con etica e amore, quelli che noi utilizziamo in cucina ogni giorno".

L'argomento del laboratorio è il Balsamico Tradizionale di Modena e l'occasione è ancora una volta utile per ricordare le ferite sofferte dal territorio emiliano nel recente sisma, che ha colpito anche acetaie storiche come quella del Cristo, produttrice di uno dei balsamici in degustazione, uno straordinario extra vecchio da botti di ginepro. "Serve tornare a scoprire e valorizzare i microluoghi del territorio italiano – insiste Bottura - e far dialogare i prodotti". Sempre con fantasia e voglia di sognare: ecco allora il kir alla modenese, divertente reinterpretazione a base di "Mattaglio" (metodo champenoise emiliano) e aceto balsamico. E poi un invito gustosissimo, impossibile da declinare: "Vieni in Italia con me". Una tavolozza di colori e sapori per fare il giro delle regioni, da Nord a Sud: nocciole del Piemonte, mandorle di Noto, capperi di Pantelleria, limoni di Sorrento e bergamotto calabro, amarena di Modena e oliva taggiasca, pomodori del piennolo, timo e ricotta di alpeggio affumicata, il tutto nascosto sotto una spuma tiepida di latte di bufala.

La sera, al Winner Restaurant del rinnovato Golden Palace di Torino, Bottura torna prepotente sulla sua terra con un "compromesso storico": tortellino di Castelfranco cotto nel brodo di cappone in crema di parmigiano reggiano di vacca bianca modenese. Da standing ovation. Così come molti applausi vanno al tamal di carciofi con salsa rossa affumicata di Olvera, all'agnello da latte con rapadura di zucchero di canna e praline di farina acida della Sudbrack, alla terra di cacao di Garcia ma soprattutto a un monumentale ceviche peruviano di Gaston Acurio, celebrity chef nel suo paese (e non solo) eppure umile e vicino alle comunità contadine nella sua filosofia. Dalle Ande all'Emilia, una vicinanza dal cuore latino. Sotto il segno di una consapevolezza nuova in grado di accorciare le distanze tra le avanguardie dell'haute cuisine e la sapienza preziosa e virtuosa degli artigiani della (madre) terra.

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