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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2012 alle ore 08:15.

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«Uncertainty», incertezza, era ieri (e rimane) il termine-chiave dei resoconti giornalistici e dei report degli analisti dedicati all'Italia. Il Bel Paese sta facendo una volta di più il giro del mondo sull'onda di questa parola, complice uno straordinario accavallarsi di fatti, spinte e controspinte. La sequenza è davvero impressionante.

Dal voto in Sicilia, caratterizzato innanzitutto da un'astensione record (oltre 52%), spicca l'impennata del movimento "anti-establishment" (definizione dell'agenzia Reuters) Cinque Stelle di Beppe Grillo, che diventa il primo partito nell'isola scavalcando il Pd (che pure registra il successo del suo candidato Rosario Crocetta, votato anche dall'Udc) e il Pdl, pesantemente sconfitto. Un dato rilevante che può riverberarsi su scala nazionale, che mette a nudo la crisi di rappresentanza del sistema dei partiti tradizionali e che moltiplica le incognite sulla "governance" dell'Italia, altro termine molto citato.
Sui mercati, intanto, la Borsa di Milano fa peggio di tutte le altre in Europa e, fatto ancor più significativo, lo spread tra BTp italiani e Bund tedeschi torna sopra quota 350. Pesano le incognite perduranti della crisi europea (ieri la Germania ha collocato 3 miliardi di titoli scadenza 2013 a rendimenti negativi), la cattiva congiuntura continentale, il riproporsi del fantasma del "supercommissario" sui bilanci degli Stati, l'ancora irrisolta questione greca, il tira e molla sugli aiuti per la Spagna, l'arrivo dell'uragano Sandy che ha paralizzato Wall Street.

Ma in questo caso pesa anche il colpo di maglio che l'ex premier Silvio Berlusconi ha calato sabato scorso, annunciando il suo ritorno alla politica attiva, attaccando duramente il governo Monti (difeso a spada tratta fino a qualche giorno prima) e profilando l'ipotesi della sfiducia che porterebbe all'interruzione immediata della legislatura.
Chi coltivava l'illusione che i mercati non si sarebbero accorti di cosa sta succedendo in Italia (o si sarebbero totalmente «disinteressati», come ha detto l'ex ministro Renato Brunetta, indicato dal Pdl come relatore per la legge di stabilità, a suo giudizio da riscrivere da cima a fondo) può ricredersi. L'Italia non sarà più una "sorvegliata speciale", ma sorvegliata era e sorvegliata resta. E il termometro dello spread - oggi vanno all'asta BTp a 5 e 10 anni per sette miliardi - è un indicatore dal quale non si può prescindere. Piaccia o no.
La stessa, ghiacciata ironia del premier Mario Monti («Il balzo dello spread dovuto a Berlusconi? Non ci avevo pensato, prenderò in considerazione l'ipotesi», «Se il Governo cadesse prima? Chiedetelo ai mercati e alle forze politiche, per me quella del Cavaliere non è una minaccia») conferma quanto si cammini sul filo del rasoio, in attesa che il Pdl faccia definitiva chiarezza al suo interno dopo lo strappo di Berlusconi, anche se ieri il segretario Alfano ha confermato la fiducia al Governo dei professori. Lui, Monti, tira comunque dritto avendo come orizzonte le elezioni nell'aprile 2013 e come bussola «un interesse nazionale che coincide in larghissima misura con quello europeo».

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