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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2012 alle ore 13:05.

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BASE CONCORDIA (DOME C) - Quando si avvicina alla scaletta del DC3 Dakota che la deve riportare a Baia Terra Nova e poi di lì in Francia, Barbara Grolla, l'infermiera francese ma di origini italiane che ha passato nei due "barattoli" di Concordia quasi 300 giorni di cui 100 senza sole, ha quasi le lacrime agli occhi. Abbraccia tutti, salta dalla felicità, bacia sulla bocca l'autista (anche lui francese) del trattore con i bagagli a bordo.

È elettrizzata dalla partenza ma c'è come qualcosa che la trattiene in questa "prigione" che si è scelta per nove mesi. È la prima dei quattro "invernanti" della base italo-francese di Dome C a rientrare nel mondo civile. Si congeda dagli amici di un inverno intero e dai nuovi arrivi della campagna estiva in un mix di emozioni forti. Una ventata calda che fa sembrare i meno 45 gradi di oggi una temperatura quasi "estiva" rispetto ai meno 80 provati fino a poche settimane fa. Tredici persone di cui quattro italiani, un russo, un inglese e sette francesi confinati in una sorta di navicella spaziale. Igor Petenko, ricercatore russo che lavora a Tor Vergata, è visibilmente emozionato quando ricorda la videoconferenza di fine maggio con la stazione spaziale orbitante. In quel momento gli astronauti erano gli uomini più vicini a loro, solo 500 chilometri perché anche gli altri ricercatori della base russa di Vostok distano oltre 600 km.

Dalla stazione orbitante le telecamere hanno inquadrato due piccoli barattoli argentati. Erano loro, piccoli, soli, al buio. Non c'entravano nulla con il resto del mondo. Erano anche loro in uno spazio sospeso a 4mila metri di altezza, naufraghi in un mare di ghiaccio e di vento. Chi non ha perso la voglia di fare e di lavorare è il giovane ricercatore dell'Università di Trieste Mattia Bonazza, esperto in paleclimatologia. Durante tutto l'inverno è sempre uscito dalla base per monitorare i filtri delle polveri atmosferiche in stazioni che distano qualche centinaia di metri da Concordia e da cui si spera di ottenere informazioni complementari sulla "carota" di 3200 metri di Epica.

Bonazza è uscito anche con meno 80 gradi che, con il wind chill, vuole dire meno 100 gradi. Ora zompetta con una bandana in testa e scava una trincea di un metro e mezzo per rilevare il grado di densità della neve. Trasmette tutto il suo know how all'altro giovane ricercatore che lavora per l'Università di Firenze, Elio Padoan, e che resterà qui tutto il prossimo inverno. Ma ora, con l'arrivo dell'estate, Concordia si ripopola con quasi 80 tra logistici e ricercatori che verranno alloggiati nei 34 letti della base oltre che nel campo estivo e nelle tende riscaldate. Un lavoro organizzativo molto delicato, per la prima volta nelle mani di una donna, il capospedizione Roberta Mecozzi dell'Enea.

Un lavoro aggiuntivo anche per il nuovo cuoco Luigi Vailati, il primo che trascorrerà qui ben 14 mesi di fila e riceverà il testimone tra breve dallo chef Giorgio Deidda, che ha terminato l'ultimo inverno impegnato a dosare gli approvvigionamenti con qualche punta creativa come per la settimana di festa del midwinter il 21 giugno (festività introdotta dall'esploratore inglese Sheckleton) la serata gallo-romana e la serate araba. E poi Pasqua, Ferragosto e tutti i compleanni. Dei 13 invernanti ben 11 hanno compiuto gli anni in questi mesi di soggiorno forzato a Concordia. Ma anche gli altri due nati fuori dall'inverno antartico hanno preferito spegnere qui le loro candeline.

N.B.: si ringrazia il Programma nazionale di ricerche in Antartide per l'ospitalità offerta a Il Sole 24 Ore nelle basi di baia Terra Nova e di Concordia a Dome C.

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