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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2012 alle ore 16:09.

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Election day, Monti bis, legge elettorale. Ruota attorno a questi tre temi chiave la difficile trattativa politica di queste ore fra i tre partiti della «strana maggioranza» che sostengono il governo Monti. Una trattativa dietro la quale si nascondono gli interessi spesso contrapposti e «inconfessabili» di Udc, Pd e Pdl. Vediamo quali sono.

Election day
Il Pdl si batte strenuamente per una giornata elettorale unica anche a costo di dover anticipare le politiche al 10 febbraio. Il partito di Berlusconi, sondaggi alla mano, teme infatti che le regionali possano essere un bagno di sangue. E se le politiche arrivassero uno o due mesi dopo, per una sorta di "effetto trascinamento", potrebbero portare a un ridimensionamento molto cospicuo del peso del partito. Per ragioni opposte, il Pd vede invece con grande favore il doppio appuntamento elettorale: una vittoria alle regionali di febbraio potrebbe infatti tramutarsi in un successo di ancor più grandi dimensioni alle politiche di marzo o aprile. Udc e Fli – in questo scenario – offrono una sponda al Pdl schierandosi per l'election day. Il retropensiero dei centristi è infatti incentrato sui timori di un eccessivo rafforzamento dei democratici in caso di doppio voto: più il Pd uscirà forte dalle elezioni, più avrà voce in capitolo sulle potenziali future alleanze.

Monti bis
Un governo di grande coalizione guidato nuovamente da Mario Monti viene visto come fumo negli occhi dal Pd che si ritiene il probabile vincitore delle prossime politiche e che ambisce a prendere in mano direttamente le redini del Paese con un proprio premier. Anche il Pdl si dichiara contrario a questa ipotesi preferendo un governo con una maggioranza uscita dalle urne piuttosto che affidata nuovamente a una compagine di tipo tecnico. A tifare fortemente per un Monti bis è invece l'Udc di Casini che in un nuovo governo del Professore potrebbe ancora ambire al ruolo di «ago della bilancia».

Legge elettorale
La riforma del cosiddetto Porcellum, ritenuta dal Quirinale, insieme alla legge di stabilità, come la conditio sine qua non per poter fissare la data del voto, è diventata la norma simbolo dell'impasse politico di questi giorni. Essendo la legge con la quale bisognerà andare a votare per le politiche, ognuno dei tre partiti la considera decisiva per il suo immediato futuro. L'accordo è particolarmente difficile sul cosiddetto "premietto" di consolazione al primo partito. Il Pd, che si ritiene vicino alla vittoria, chiede che esso non scenda sotto il 10% in modo da garantire meglio la "governabilità" e su questo sembra aver convinto l'Udc. Ma il Pdl considera la soglia del 10% eccessiva e rimane fermo su un limite massimo del 6-7 per cento. Finora ogni mediazione è fallita.

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