Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2012 alle ore 07:13.

My24

di Marco Valsania

NEW YORK - Barack Obama cerca di sostenere i canali di mediazione nella nuova crisi mediorientale, con l'obiettivo di rendere possibile un cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Il presidente americano ha chiamato ieri nuovamente il presidente egiziano Mohamed Morsi, che spera possa giocare un ruolo diplomatico cruciale per i suoi rapporti con Hamas. E ha parlato con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Altre chiamate ai leader della regione, segno di una diplomazia tenuta dietro le quinte ma frenetica, sono partite dal Segretario di Stato Hillary Clinton e da altri esponenti di spicco della squadra di sicurezza nazionale della Casa Bianca.

L'amministrazione si sta anche cautelando davanti al rischio di continue escalation del conflitto: tre navi da guerra statunitensi, secondo indiscrezioni, stanno facendo rotta verso il Mediterraneo orientale non con compiti militari ma per essere in posizione qualora si rendessero necessarie evacuazioni. Le tre navi sono la USS Iwo Jima, the USS New York and the USS Gunston Hall.

Ma la partita principale che Obama gioca rimane quella politica: il presidente, in viaggio in Asia, ha riaffermato il diritto di Israele a difendersi. Sta però incoraggiando i tentativi finora infruttuosi di arrivare a una rapida tregua, soprattutto da parte dell'Egitto. Il rischio di un conflitto che si allarghi da Gaza alla regione, in presenza di vittime che crescono di ora in ora anzitutto tra i palestinesi, è ben presente alla Casa Bianca, tanto più mentre resta irrisolta la guerra civile in Siria e la battaglia di nervi con l'Iran.

Dare tempo e spazio a una fragile mediazione egiziana senza interferenze sarebbe anche la ragione che ha spinto Washington a tirare le redini all'Onu: ha ostacolato di fatto una dichiarazione del Consiglio di Sicurezza, proposta dal Marocco, che chiedeva alle parti di sospendere immediatamente la violenza. Una scelta che ha scatenato critiche al Palazzo di Vetro, anche dalla Russia.

Obama ha preferito mettere in atto un pressing silenzioso quanto costante in Medio Oriente. «Hanno parlato di come diminuire la tensione», ha detto il portavoce della Casa Bianca Jay Carney del colloquio avvenuto tra Obama e il leader del Cairo Morsi. «Il presidente ha sottolineato la necessità che Hamas cessi il lancio di missili verso Israele». Con entrambi i leader sentiti ieri, Morsi e Natanyahu, Obama ha inoltre espresso rammarico «per la morte di civili tra i palestinesi e gli israeliani e ha concordato di rimanere in stretto contatto».

Ben Rhodes, consigliere per la sicurezza nazionale, è stato più esplicito su quella che considera la possibile soluzione ai massicci attacchi israeliani nella striscia di Gaza in risposta a missili lanciati da Hamas in territorio israeliano. «La nostra posizione continua a essere che Paesi che hanno influenza su Hamas, quali Egitto, Turchia e anche Qatar, debbano usare quell'influenza per frenare il conflitto. E per frenarlo bisogna cominciare con la fine del lancio di missili da Gaza». Obama stesso, durante una sosta a Bangkok, ha ribadito che «Israele ha ogni diritto di non essere colpito da missili. Se questo può essere ottenuto senza alzare il livello delle operazioni militari, sarebbe meglio».

Nessuna della parti in causa, Hamas o Israele, appare però pronta al momento a fare marcia indietro, anzi. E Obama deve fare i conti con la nuova e semmai sempre più complessa realtà della regione: un quadro di diminuita influenza americana, dopo che la primavera araba ha cacciato regimi spesso vicini all'Occidente a cominciare proprio dall'Egitto. Il presidente, inoltre, non può rivendicare grande credibilità nel dramma israelo-palestinese: durante il primo mandato alla Casa Bianca non è stato in grado di sbloccare l'impasse nei rapporti tra le parti, oggi nuovamente affidati alle armi.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi