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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2012 alle ore 14:35.
L'ultima modifica è del 25 novembre 2012 alle ore 14:39.

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Ebbene, dopo due piani di salvataggio, con il più recente finanziato da un debito emesso dall'Efsf che ha imposto un taglio al valore del debito in mani private del 75%, e con un debito pubblico che non ha nessuna possibilità di raggiungere il livello voluto dall'Fmi del 120% del Pil, ma che va verso percentuali assolutamente insostenibili, come quella stimata dall'autorità statistica greca oggi al 176% e nel 2016 al 200%, l'unica opzione per la Grecia sembra, come scrive il Wall Street Journal,
il default.

Diversa ovviamente sarebbe la situazione se l'integrazione europea avesse affrontato, quando era ancora in tempo, il problema del debito pubblico greco, emettendo eurobonds da parte di un'agenzia europea (come l'Esm) con la garanzia dei Paesi dell'Eurozona. Non v'è infatti dubbio che il rinnovo dei debiti sovrani nei mercati finanziari non può che avvenire, per i Paesi altamente indebitati, con alti tassi di interesse; il che comporta inevitabilmente prima o poi lo stato di insolvenza di quegli stessi Paesi. Ciò avrebbe portato l'Europa ad avere un mercato finanziario comparabile a quello statunitense e a non soggiacere nei singoli Stati membri a continue variazioni degli spread, che prima o poi finiranno per colpire anche la stessa Germania.

La conclusione che si può trarre dai due fenomeni esaminati è evidente. Nella globalizzazione economica manca un corpo di regole generali, un'assoluta assenza di norme che vengono sostituite dal diritto contrattuale, cioè da quel diritto che soprattutto in un mondo globale dominato dalla finanza e dalla techne, merita tutto quel disprezzo per la sua inefficienza e per la sua decadenza, che già Hegel aveva riconosciuto. È pur vero che proprio in assenza di regole, l'intera struttura economica deve affidarsi al contratto privato e al supporto dei sistemi giudiziari e alle loro decisioni che, salvo che per alcuni settori, sono ancora legate ai confini e alle tipologie giuridiche degli Stati nazionali, con una conseguenza assai grave, che la decisione del giudice Griesa ha con spietata lucidità sottolineato. Per i creditori del capitalismo finanziario è saltata completamente la regola della par condicio.

Pochi e selezionati creditori sono favoriti rispetto alla maggioranza ed essi non sembrano essere che quei fondi speculativi che la presidente e il ministro dell'Economia argentini hanno qualificato come «avvoltoi». L'applicazione e l'influenza dei principi giuridici alla base dell'ordine del giudice Griesa, qualora non fossero riformati dalla Corte d'Appello o dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, potrebbero essere devastanti prima per la Grecia, poi per l'intera Europa.
È sempre più urgente che la soluzione dei problemi della finanza mondiale restino prioritari, in principal modo in Europa, per la quale il vero ius publicum europeum può essere costituito soltanto con la cessione di parte della sovranità dei singoli Stati membri a una democratica federazione europea, alla cui base starà non solo l'unità monetaria, ma anche quella fiscale, economica e politica, unità per la quale ci siamo più volte battuti, come premessa allo ius cosmopoliticum kantiano. Questo e non altro deve essere il nostro destino.

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