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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2012 alle ore 15:20.

Ci vuole adesso un terzo trattato internazionale dell'Eurozona per un Fondo europeo di sviluppo (Fes) che integri i due precedenti (per il rigore e la stabilità) facilitando anche il raggiungimento dei loro scopi. Tre constatazioni sono a favore di questa nostra proposta.
a) La prima constatazione è che il mercato ha accolto molto bene le obbligazioni emesse dal Fondo salva Stati provvisorio (Efsf) che ha piazzato in due anni 200 miliardi circa di obbligazioni a tassi contenuti e con scadenze da 3 mesi a 25 anni. Il collocamento è andato per il 50% dalla Uem e per il 25% dall'Asia, con una forte componente di banche centrali e fondi sovrani. Vi è dunque buon mercato per obbligazioni targate Eurozona che il recente abbassamento di rating non intaccherà.
b) La seconda constatazione è che i grandi progetti di "Europa 2020", di "Horizon 2020", dei TransEuropeanNetwork, di Connecting Europe Facility perseguono obiettivi importanti di investimenti in infrastrutture e in tecnoscienza per raggiungere i quali si stimano necessità di almeno 2000 miliardi entro il 2020.
c) La terza constatazione è che in fase di recessione sperare di finanziare questi progetti partendo da pochi fondi pubblici derivati dal misero bilancio comunitario con moltiplicatori di raccolta sul mercato da 1 a 20 in virtù di garanzie pubbliche ci pare illusorio ed anche fuorviante per un'Eurozona che della solidità finanziaria ha fatto il suo credo.

La nostra proposta è allora di varare con un Fondo europeo di sviluppo (Fes) dotato di un capitale reale con il conferimento di parte delle riserve auree e della massima parte delle azioni delle reti infrastrutturali e di beni reali assimilabili dei Paesi della Uem per emettere Unionbond (che ricomprendano anche i vari Project bond) per finanziare investimenti nelle reti europee.

In passato con Romano Prodi (si veda Il Sole 24 ore del 23 agosto 2011 e 2012) abbiamo proposto di emettere tramite un più ambizioso Fondo finanziario europeo degli EuroUnionBond per 3mila miliardi garantiti da 1.000 miliardi di capitale reale dato dalle riserve auree ufficiali e da azioni di reti infrastrutturali dei Paesi della Uem. Due erano gli scopi: far rilevare dal Fondo parte dei debiti pubblici nazionali; finanziare investimenti in infrastrutture. Il primo scopo potrebbe essere perseguito adesso tramite una modifica del Fondo Esm.

Il Fondo europeo di sviluppo, che proponiamo ora con urgenza a causa della recessione, che con la disoccupazione degenera in crisi sociale, punta solo e subito al secondo scopo. Cioè agli investimenti infrastrutturali e in tecno-scienza che potrebbero interessare molto alla Cina con i suoi 3mila miliardi di riserve valutarie e con il chiaro desiderio di investire nell'economia reale europea (e non solo per diversificare dal dollaro) laddove ci fossero strutturati progetti di collaborazione tra grandi Paesi.

In tutto ciò cosa può fare l'Italia? Molto se Mario Monti, data la sua autorevolezza europea accresciuta anche dal rigore fiscale attuato in Italia, dedicasse i prossimi mesi per spingere la Uem al varo di un terzo Trattato internazionale: quello per il Fes. Allora l'Eurozona diverrebbe economicamente una confederazione per il rigore, la stabilità e lo sviluppo senza i quali le nostre aspirazioni federaliste, che richiedono tempo, non si realizzeranno.

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