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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2012 alle ore 16:46.

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Due blindati Lince lungo la linea di demarcazione. (Foto di Mauro Montaquila della Brigata Friuli)Due blindati Lince lungo la linea di demarcazione. (Foto di Mauro Montaquila della Brigata Friuli)

SHAMA - "Le autorità entrano da questa porta che deve essere lasciata aperta. Tagliano il nastro, applausi. Brevi discorsi. Partita amichevole di pallavolo. Solo bandiera libanese e dell'Onu. In un'ora è tutto finito", sintetizza il colonnello Fazal, dell'esercito malese. Il sindaco Ali Rokeyn e il tenente colonnello Di Leva, annuiscono. Domani si farà così per inaugurare il piccolo campo sportivo di Shehabiye, sulle colline del Libano Sud. La cerimonia sarà sobria.

La missione Leonte è anche questo: un taglio di nastri e una festa. Iniziata nel settembre 2006 con lo sbarco del San Marco sulla spiaggia di Tiro (in realtà i primi arrivarono in elicottero, causa mare agitato), è arrivata al tredicesimo avvicendamento di truppe italiane. Israele ed Hezbollah congelati in un fragile cessate il fuoco non hanno smesso di pensare che prima o poi dovranno chiudere i conti lasciati aperti dalla guerra di allora. Adesso c'è anche la Siria in fiamme, giusto oltre il confine a Est, che potrebbe contagiare il Libano. I problemi sono sempre lì e ai vecchi se ne sono aggiunti di nuovi.

Ma la vita continua, illudendo la gente che i villaggi, i campi da frutta, i bananeti non tornino più ad essere sulla linea della guerra. C'è in effetti molto di nuovo su questo fronte meridionale: la sensazione della pace. Sui pali della luce e sui muri le foto dei "martiri" libanesi uccisi in guerra, sono sbiadite dal sole e dalla pioggia. Significa che non ce ne sono stati di nuovi da ricordare, che da un tempo ragionevole nessuno ha avuto bisogno di morire con un'arma in mano.

E' una pace fragile, incerta, senza la forza di un supporto diplomatico, un accordo politico. Al contrario, è garantita da una presenza armata di 12mila donne e uomini di 37 Paesi, con le navi davanti alla costa, i mezzi blindati pitturati di bianco Onu ma armati, che salgono e scendono dalle colline, le basi come fortini predisposti per un assedio che sembra poter cominciare da un momento all'altro.

Gli italiani sono il contingente più numeroso insieme agli indiani: 1.100 militari. Del Libano a Sud del fiume Litani, diviso in due settori, Est e Ovest, guidano quello occidentale e i contingenti malese, sud coreano, irlandese, francese, finlandese e del Ghana.

Ora è dispiegata la brigata aeromobile Friuli, comandata dal generale Antonio Bettelli, rafforzata dal Savoia Cavalleria del colonnello Giovanni Cafforio: è "l'unità di manovra" del contingente, cioè quella che pattuglia il territorio con i Puma e i Lince.

Israeliani, libanesi ed hezbollah non sono solo favorevoli alla presenza di Unifil. Quasi a furor di popolo hanno chiesto che il suo comandante sia italiano. Prima c'era il generale Claudio Graziano. Poi, dopo un interregno di comando spagnolo che non entrerà nella Storia, i nemici si sono ritrovati d'accordo almeno su un punto; un altro italiano: il generale Paolo Serra, un alpino come Graziano.

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