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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2012 alle ore 06:56.
L'ultima modifica è del 27 dicembre 2012 alle ore 07:52.

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Ha fatto bene il Presidente Monti a presentare una sua agenda politica e a dare la sua disponibilità a realizzarla. La sua è una scelta coraggiosa e lungimirante, che può dare un contributo fondamentale in una fase storica così difficile per il nostro paese e per l'Europa.
Ha fatto bene per diverse ragioni. Innanzitutto, perché non basta cambiare l'economia per uscire da questa crisi, che dura da ben prima del 2008. Occorre anche cambiare la politica. Occorre in particolare dare una rappresentanza politica alle idee liberali e ai ceti medi, che non possono più sentirsi rappresentati dal Pdl, e che a torto o a ragione non si identificano con il Pd. Per questo motivo, sbagliava chi suggeriva al Presidente Monti di restare spettatore passivo della campagna elettorale.
Il Presidente Monti ha anche fatto bene a impostare il dibattito sulle idee, anzichè sugli schieramenti o sulla leadership. Non solo perché le idee sono più importanti delle persone e delle alleanze, ma anche perché l'agenda economica del prossimo governo è tutt'altro che scontata. Un anno fa, era abbastanza ovvio cosa si doveva fare per uscire dalla crisi, sia perché lo aveva indicato la Bce nella sua famigerata lettera, sia perché non c'erano molte alternative e l'emergenza imponeva di dare priorità al riequilibrio dei conti pubblici. Oggi, la priorità è rilanciare la crescita economica. Ma non è ovvio cosa fare per riuscirci.

È dunque fondamentale che in campagna elettorale si discuta di questo, e non superficialmente.
Infine, e forse soprattutto, il Presidente Monti ha fatto bene a presentare un'agenda coraggiosa e ricca di contenuti anche controversi. In particolare, ha fatto bene a chiarire che alcune riforme pur indispensabili sono state bloccate dai veti dei partiti che sostenevano il suo governo. Come ha ammesso egli stesso durante la sua conferenza stampa, la sinistra ha impedito di realizzare una riforma del mercato del lavoro incisiva ed efficace, e la destra ha impedito l'adozione di provvedimenti per migliorare il funzionamento della giustizia e per combattere la corruzione. Entrambi questi punti dovranno essere nell'agenda del prossimo governo, e prima saranno affrontati meglio sarà. Inoltre, blocchi trasversali agli schieramenti hanno impedito di realizzare con la dovuta efficacia le liberalizzazioni. L'agenda è anche ricca di idee originali o quantomeno trascurate nel dibattito politico italiano, come l'enfasi sulla donna, l'importanza di aumentare l'occupazione femminile, e la necessità di arrestare il calo demografico.
Si farebbe un torto alla serietà dell'impegno del Presidente Monti, tuttavia, se tutti i commenti fossero solo elogiativi e di apprezzamento. L'agenda presentata, per quanto ricca e coraggiosa, solleva anche alcuni interrogativi. Ecco i principali dubbi.

L'agenda Monti dichiara con forza che una delle prime cose da fare nella prossima legislatura sarà cambiare la legge elettorale. È verissimo. Più si aspetta, più la riforma diventa difficile, perché man mano che si avvicinano le elezioni diventa sempre più chiaro come disegnare la nuova legge elettorale per avvantaggiare l'una o l'altra forza politica. Ma quali sono i principi a cui dovrà ispirarsi la nuova legge elettorale? L'agenda Monti non lo dice. Eppure è una questione fondamentale. In passato il Presidente Monti aveva criticato il bipolarismo esasperato della seconda Repubblica. Può darsi che in questa fase di profonda ricostruzione del paese possa essere utile un governo sostenuto da ampie maggioranze in Parlamento - anche se l'esperienza di altri paesi suggerisce che spesso i governi di coalizione sono più incapaci di decidere rispetto a quelli sostenuti da una maggioranza coesa. Ma superata l'emergenza, si vuole favorire l'emergere di grandi partiti in grado di governare da soli, oppure si preferisce un ritorno ai governi di coalizione della prima Repubblica? Il Pd è sempre stato favorevole al doppio turno. E indubbiamente vi sono molti argomenti per pensare che un sistema maggioritario a doppio turno sia il più indicato a ridurre il potere di ricatto delle ali estreme, e a favorire l'alternanza di governo tra schieramenti contrapposti ma non troppo polarizzati. I partiti che presumibilmente appoggeranno l'agenda Monti sono invece tradizionalmente a favore del proporzionale. È questa anche l'opinione del presidente Monti?

L'economia è al centro dell'agenda Monti. Il programma è molto esplicito nell'indicare che aspetti centrali delle regole che governano l'economia italiana vanno ripensati, dal mercato del lavoro, alla giustizia, alla concorrenza. Tuttavia il programma è assai più riluttante a indicare che occorre anche rivedere in modo non marginale i confini tra pubblico e privato.
Ciò è particolarmente evidente con riferimento alle privatizzazioni. Il governo Monti si è mosso con continuità rispetto alla strategia impostata da Tremonti. Nonostante l'esigenza di abbattere il debito pubblico, in questi tredici mesi non è stata avviata alcuna privatizzazione. Al contrario, si è chiesto alla Cassa Depositi e Prestiti di espandere le sue partecipazioni, da Snam Rete Gas alle Generali. Questa impostazione è difficilmente compatibile con una visione liberale dell'economia, ed è in contraddizione con l'esigenza di utilizzare tutte le risorse disponibili per allentare la stretta creditizia che grava sulle imprese e sul settore immobiliare. L'agenda Monti avrebbe potuto segnalare una discontinuità con questa tradizione, e così facendo avrebbe dato più credibilità alla promessa di volere davvero trasformare l'economia italiana e di attirare investimenti dall'estero.

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