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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2012 alle ore 06:56.
L'ultima modifica è del 27 dicembre 2012 alle ore 07:52.

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La reticenza sui confini fra pubblico e privato riguarda anche la spesa pubblica. L'obiettivo di controllo della spesa è menzionato, e non potrebbe essere altrimenti. Ma il programma di governo non va molto oltre la solita ricetta di combattere gli sprechi, cosa sacrosanta ma insufficiente. Anzi, vengono indicate nuove importanti iniziative di spesa, come l'istituzione di una qualche forma di reddito minimo garantito (un sostegno presente in paesi che hanno tradizioni ben diverse dalla nostra). Per contenere davvero la crescita della spesa, è inevitabile prevedere una maggiore compresenza di pubblico e privato nella sanità e nell'istruzione. Ma di questo l'agenda Monti non parla, o parla troppo poco.
Infine, se il programma di governo è molto convincente nelle proposte che si prefiggono l'obiettivo di riformare il lato dell'offerta dell'economia, lo è meno nel delineare un'azione di governo per contrastare la difficilissima congiuntura economica. L'economia italiana sta attraversando una crisi senza precedenti nel dopoguerra. Il credito alle imprese si sta contraendo di oltre il 6% all'anno. Il reddito disponibile delle famiglie è calato di circa 8 punti percentuali dal 2008. Davvero non si può fare nulla se non aspettare il calo dello spread? Il programma suggerisce vari provvedimenti per sostenere la crescita in questa fase ciclica, ma lo fa in modo poco organico e non molto convincente, senza sottolinearne l'urgenza che invece dovrà caratterizzare l'azione del prossimo governo. La sfida centrale per l'Italia è ritornare a crescere, e farlo presto. Il dibattito è solo iniziato, ed è finalmente un dibattito sulle idee. Che la si condivida o meno, l'agenda Monti è un punto di svolta per la politica italiana.

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