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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2012 alle ore 15:57.

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Il «compagno Lothar»
Claudio Velardi, ex «compagno Lothar» di Massimo D'Alema a Palazzo Chigi e fondatore del network di comunicazione e lobbying Reti, giudica «piuttosto naïve» l'approccio comunicativo del premier uscente. «Domenica scorsa – spiega – Monti ha tenuto una conferenza stampa dalla quale non si è capito nulla. Trascorre la pausa natalizia e, in tempo per i primi titoli dei giornali utili, debutta su Twitter. Con un linguaggio aulico, per giunta». Eggià, perché quel «saliamo in politica» secondo Velardi ha poco appeal. «Non fosse stato pronunciato come esordio di Monti sui social network e non si ponesse in contrapposizione con il celeberrimo "scendo in campo" del Berlusconi '94, il "salire in politica" rappresenterebbe un clamoroso autogol comunicativo. Chi usa una terminologia del genere su Facebook e Twitter? Nessuno. Con un linguaggio così alto si rischia di non durare a lungo sui social network. Per ora va bene con l'effetto novità: il Professore non dice niente e ottiene titoli a nove colonne. L'opposto di Berlusconi – continua Velardi – che entra in tutti i palinsesti e fa annunci roboanti per chiamare alle armi il suo popolo. Tuttavia non sembra funzionare troppo, perché parliamo di strategie comunicative abbastanza logore. Soppeseremo il vero Monti comunicatore con le prossime uscite: se vorrà continuare a bucare dovrà inventarsi qualcosa di nuovo, giocare sui contenuti». Per Velardi, in ogni caso l'approccio «naïve e improvvisato» del Professore ai social media è determinato innanzitutto dalla «confusione del momento politico. La sensazione è che lui stesso sia consapevole del fatto che manca poco alle elezioni e non ha ancora una macchina organizzativa oliata per affrontare l'impegno. Di conseguenza avanza un po' a tentoni. Al contrario del Pd e del Centrodestra che, per quanto acciaccati, possono contare su due macchine rodate - conclude il fondatore di Reti - in decine di altri appuntamenti elettorali».

Lo spin doctor
Di campagne elettorali ne ha fatte tante Klaus Davi, spin doctor e fondatore dell'agenzia Klaus Davi & Co. Ed è un altro che nel «Saliamo in politica» ci crede poco. «Ancora una volta – dichiara – Monti si esprime con un linguaggio poco emozionale, freddo e razionale. Inutile nasconderlo: un'espressione del genere non entusiasma nessuno». Eppure, a ben guardare, il professore avrebbe ben altre frecce da scoccare: «Il 50% della campagna elettorale – continua Davi – ce l'ha fatta per il ruolo di premier uscente da lui rivestito e per l'azione di governo, in larga parte positiva, condotta in questi tredici mesi. È quello che ha risanato e che ci ha restituito credibilità agli occhi dell'Europa: tutte cose che farà pesare. Non è un caso se, con la sua salita in politica, Bersani è scivolato in terza o quarta posizione di rilevanza sui giornali, dietro Monti, Berlusconi e talvolta Grillo. Il Professore dovrebbe solo affinare alcuni aspetti». E quali? «La cattiveria di animale politico – risponde Davi -. Ne ha da vendere, si è visto a tratti domenica in conferenza stampa. Deve imparare a usarla meglio, attaccando le contraddizioni e la retorica dei proclami di Berlusconi da un lato, l'asse Bersani-Vendola-Camusso dall'altro. Ma sono sicuro – conclude lo spin doctor – che ci sta già lavorando».

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