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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2013 alle ore 14:39.

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Un soldato francese nel Mali. (Epa)Un soldato francese nel Mali. (Epa)

Dopo aver liberato Gao, abbandonata ieri dai miliziani jihadisti, le truppe francesi del 21 reggimento fanteria di Marina affiancate da 350 maliani sono giunte alle porte di Timbuctu da dove si segnala la fuga verso nord di molti combattenti di Ansar Dine e al-Qaeda. Il Ministero della Difesa francese ha reso noto che spetterà agli eserciti ''africani e maliano'' il compito di ''mettere in sicurezza la regione di Gao e i suoi abitanti''. Una conferma che i 2.500 militari francesi impegnati in una guerra lampo per riconquistare i grandi centri del Nord del Malì hanno il compito di cacciare i jihadisti e sconfiggerli sul campo ma non di restare a lungo nel Paese con compiti di guarnigione.

Per questo verranno impiegati 8 mila militari africani che stanno raggiugendo il Malì, 2 mila dei quali provenienti dal Ciad e gli altri dai Paesi dell'Africa Occidentale (tra i quali 1.200 nigeriani). Finora le truppe africane giunte a Bamako grazie al ponte aereo garantito dai velivoli cargo occidentali sono circa 2 mila mentre i contingenti di Ciad, Niger e Mauritania stanno penetrando nel nord del Paese dalle frontiere terrestri. Nei bombardamenti sul nord del Mali i caccia francesi hanno distrutto a Kidal la casa di Iyad Ag Ghaly, il capo del gruppo jihadista Ansar Eddine (i "difensori della fede"). Anche se il presidio dei territori liberati dai miliziani verrà affidato alle truppe locali il comando francese pare consapevole che la riconquista di Gao, Kidal e Timibuctù ben difficilmente concluderanno la campagna militare che potrebbe trasformarsi in un'operazione anti insurrezionale.

Per questo la richiesta di Parigi agli alleati per ottenere un maggiore supporto logistico e specialistico sta raccogliendo risposte positive a Washington e Londra. Gli Stati Uniti hanno messo a disposizione tre aerocisterne KC-135 basate a Moron, in Spagna, per rifornire in volo i cacciabombardieri francesi che hanno già condotto oltre 200 raids contro i jihadisti. Un supporto che si aggiunge agli aerei cargo C-17 già messi a disposizione e al più discreto aiuto fornito dai droni e dai velivoli spia della Cia che da tempo tengono sotto controllo elettronico il nord del Malì. Parigi ha bisogno soprattutto di tanker per rifornire i suoi 14 jet Mirage 2000 e Rafale coinvolti nell'Operazione Serval. Li ha chiesti anche Berlino che però ha declinato la richiesta perché i suoi tanker Airbus A-310 MRTT non sono omologati per rifornire i caccia francesi.

L'appoggio qualitativamente più significativo giunge da Londra che ha inviato in Senegal un aereo-radar Sentinel che appoggerà le operazioni francesi con missioni di esplorazione del territorio per individuare i movimenti delle milizie di al-Qaeda e indirizzarvi i raids aerei. Il Sentinel R-1 è equipaggiato con il radar Astor ed è stato già utilizzato con successo nei conflitti afghano e libico. Nessuna conferma invece circa l'invio in Malì di droni britannici Reaper (anche questi mezzi ampiamente impiegati in Afghanistan), circa il quale erano circolate indiscrezioni rese note nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore e successivamente dal Times, che potrebbero consentire operazioni di attacco furtivo contro i miliziani e i loro leader che starebbero riorganizzandosi lungo il confine algerino.

L'impiego dei droni nelle operazioni militari è ormai consolidato per compiti di attacco e sorveglianza. La Casa Bianca sta mettendo a punto una sorta di "manuale" per regolamentare l'impiego dei velivoli teleguidati nelle uccisioni mirate dei leader dei gruppi terroristici ma dalle limitazioni verranno esentati i mezzi in dotazione alla CIA che operano in Malì, Pakistan, Yemen e Somalia. Tra pochi mesi anche l'Italia entrerà nel club ristretto di Paesi che dispongono di droni armati con l'adozione dei missili Hellfire e delle bobe JDAM sui 6 Predatir e altrettanti Reaper acquisiti dall'Aeronautica. L'impiego dei droni sta dilagando in tutto il mondo per compiti non solo militari.

Ormai non c'è evento internazionale o summit che non venga tenuto sotto controllo dalle telecamere degli UAV (Unmanned Aerial Vehicle) mentre la polizia del Brasile utilizza i droni Heron israeliani per la sorveglianza delle favelas dominate dai clan dei narcos. Rilevazioni scientifiche e ricognizioni su regioni colpite da eventi sismici o alluvioni sono ormai compiti quotidianamente assolti dai velivoli senza pilota mentre i dipartimenti di polizia statunitensi utilizzano in modo massiccio i mini-droni, grandi come aeromodelli e utili per inseguire veicoli o sorvegliare ed esplorare aree prima delle irruzioni degli agenti.

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