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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2013 alle ore 16:25.
Lei è l'unico che è riuscito a battere Berlusconi due volte. Gli italiani le hanno dato credito ma i suoi governi non hanno tenuto. Non è riuscito a portare a termine il suo lavoro. Chi assicura che non succederà ancora?
Mi auguro per l'Italia che le forze riformiste riescano dopo le elezioni a stringere attorno al Pd un patto di ferro che duri una legislatura. L'unità della coalizione è la priorità delle priorità. Come per un marinaio che naviga in mare aperto, in un mare in tempesta come è quello attuale, l'unità è la stella polare che deve guidare il cammino del governo. L'interesse del Paese deve prevalere. Io sono ottimista. Vendola non è Bertinotti: ha un forte senso delle istituzioni e in Puglia ha ben governato. Posso però dirle ancora una cosa?
Dica...
Volevo ricordare a proposito di chi afferma che il centro-sinistra non è una forza di governo ma il partito della spesa, che non è affatto così. Questo è dimostrato dai numeri dei due esecutivi dei quali ho avuto la responsabilità. In entrambi i governi la quota del debito pubblico è diminuita di oltre dieci punti senza rallentare il trend di crescita.
Quali sono questi numeri?
Alla conclusione del mio ultimo governo, a maggio 2008, il rapporto deficit/Pil era al 2,6%, il debito pubblico era di 1.654 miliardi di euro, il rapporto debito/Pil a 106,1. Il 16 novembre 2011 - quando Berlusconi ha lasciato il governo - il rapporto deficit/Pil era salito al 3,8%, il debito pubblico a 1.912 miliardi - ben 258 miliardi di euro in più in soli tre anni. Ora esso ruota attorno ai 2mila miliardi, con il rapporto debito/Pil salito al 120,7%. Gli italiani avranno anche la memoria corta ma i dati restano questi.
Nel merito, che cosa ha fatto il suo governo per le famiglie e le imprese?
Le nostre parole-guida erano tre: equità, sviluppo, risanamento. Dopo pochi mesi di governo abbiamo introdotto gli sgravi Ici sulla prima casa per le classi medie, lasciando la tassa intera solo alle case di lusso. Abbiamo aumentato le pensioni basse. Rilanciato i programmi di edilizia sovvenzionata. Introdotto la completa portabilità dei mutui, la liberalizzazione in diversi settori dell'economia, abbiamo introdotto la class action, le azioni collettive risarcitorie a favore dei cittadini. Introdotto i bonus per gli incapienti, le misure fiscali per le donne lavoratrici, il piano-nidi e i bonus per le famiglie numerose.
E per le imprese?
La Finanziaria 2008 prevedeva che l'extragettito della lotta all'evasione, 10 miliardi di euro, venisse utilizzato per ridurre le imposte alle imprese e la pressione fiscale sul lavoro dipendente. Il tutto cercando di costruire un delicato equilibrio fra le imposte e le spese. Una politica faticosa, poco "sexy" a livello mediatico ma che, se fosse proseguita, avrebbe visto l'Italia oggi con un rapporto debito-Pil al di sotto della media europea e con un livello di reddito pro-capite di certo superiore a quello attuale.
Il contesto internazionale è molto cambiato dopo la crisi dei mutui Usa e quella dei debiti sovrani. Comunque vada, chi oggi è chiamato ad assumere una responsabilità di governo si trova a operare in un quadro molto complesso.
Non siamo solo noi italiani i responsabili del triste stato delle cose. Non dobbiamo mai dimenticare il ruolo funesto giocato dalla finanza internazionale (soprattutto americana) e dalla dottrina economica che ha dominato dal 1980 in poi, producendo in tutto il mondo un progressivo aumento delle disuguaglianze.
Gli americani continuano a sostenere la loro economia con il debito, con politiche espansive. Noi europei siamo obbligati dalle regole del pareggio di bilancio.
Cosa vuole che le dica...Ci troviamo di fronte a un'Europa guidata dalla Germania che impone una politica recessiva anche in presenza di crescita zero, di un enorme attivo della sua bilancia commerciale e di una totale assenza di un qualsiasi pericolo di inflazione.
Ci vorrebbe più Europa e meno Germania. L'accordo al ribasso appena raggiunto a Bruxelles sul bilancio europeo 2014-2020 sembra andare in un'altra direzione.
Ha vinto Cameron. Vincono gli euro-egoismi. Non è una cosa buona. La riduzione del bilancio europeo messa in atto nei giorni scorsi contiene un messaggio preciso: ogni Paese dell'Ue deve solo curare i propri interessi. Ogni euro speso per lo sviluppo o la solidarietà europea è semplicemente buttato via.
Verrebbe da dire che manca un autentico spirito europeista. I padri fondatori, che avevano vissuto il dramma della Guerra, avevano il coraggio di guardare lontano senza badare al consenso o agli interessi di bottega.
Mi duole ammetterlo ma dall'adozione dell'euro l'Europa non è andata molto avanti. Sappiamo che il futuro del nostro Paese è strettamente legato all'Europa. Sappiamo che l'Unione europea non si dissolverà ma, anzi, proseguirà nel cammino della propria costruzione. Ma fino a quando non emergerà una vera leadership europea, nessun Paese, Italia compresa, potrà trovare un sostegno sostanziale da parte dei suoi partner.
Che ruolo può avere l'Italia in questo scenario di euro-egoismi, come lei lo definisce?
Per rilanciare l'Europa e avere un ruolo decisivo in questo processo, l'Italia deve riprendere per i prossimi anni un lungo cammino da "formichina", una "formichina" capace però di preparare il futuro. La strada è chiara. Non è facile spiegare tutto ciò in campagna elettorale ma è necessario fare capire agli italiani che questa è l'unica via d'uscita.
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