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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2013 alle ore 20:15.

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Sale la tensione a Teheran
A Teheran le Guardie della Rivoluzione
sono in allerta. Poche settimane fa un sindacato ha presentato una petizione con 30mila firme per una manifestazione davanti al ministero del lavoro. I lavoratori della canna da zucchero, che hanno fondato il loro sindacato nel 2008, hanno stazionato per giorni davanti agli uffici presidenziali per chiedere i pagamenti arretrati.
Ma anche gli ultimi arresti dei giornalisti hanno a che fare con la crisi economica. Tra i colleghi è stato arrestato Milad Fadaye Asl, direttore dell''Iran Labour Agency' che copre notizie come gli scioperi, le proteste per il mancato pagamento dei salari ai lavoratori pubblici e privati e argomenti come l'impatto delle sanzioni sulle aziende. Il regime attacca i giornalisti per intimidire l'opposizione e per soffocare ogni informazione non ufficiale sulle questioni economiche e sociali.

Sindacati in agitazione
Tra i sindacati
è in agitazione anche il Vahed, fondato nel 2005, che rappresenta i lavoratori dei trasporti municipali: il suo leader Reza Shahabi, in sciopero della fame e gravemente malato per i maltrattamenti subiti alla famigerata sezione 305 dell'Hotel Evin, è stato rilasciato in gravi condizioni qualche giorno fa per cure mediche urgenti. Il sindacato Vahed è stato uno dei protagonisti delle proteste dei lavoratori di questi anni.
Certo il potere iraniano sta mettendo in atto contro le sanzioni alcune tattiche, che in parte impediscono di capire i reali conti del Paese. L'Iran ha da qualche tempo una doppia contabilità: una è in rial, l'altra in oro.

La novità della Golden Economy
La Golden Economy è la novità della repubblica islamica. Non solo l'Iran da qualche tempo rastrella oro ma si fa pagare in lingotti. Il suo partner preferito è la Turchia: il 90% del gas iraniano verso Ankara è pagato in oro e da Ankara transitano gran parte delle importazioni aurifere iraniane. Si parla di una cifra che va dai sette agli undici miliardi di dollari in lingotti. Con la Turchia l'interscambio è salito a oltre 20 miliardi di dollari l'anno. Non solo. Le aziende turche servono ad aggirare embarghi e sanzioni: alla Camera di commercio di Istanbul sono iscritte oltre 400 società iraniane o con un partner turco.

No export di petrolio e gas in Europa
L'Iran non può esportare petrolio e gas in Europa
ma lo fa in Turchia: nei prossimi due-tre anni l'interscambio bilaterale salirà a 50 miliardi di dollari.
Le previsioni sull'Iran sono difficili e quasi sempre sbagliate: certamente il paese oltre che con l'economia e le sanzioni lotta per supremazia regionale, battagliando contro i sunniti in Siria, tenendo sotto tiro il Golfo Persico, lavorando intensamente in Iraq e in Libano con Hezbollah dove non vuole perdere posizioni. Ma anche se il negoziato nucleare facesse progressi, difficilmente le sanzioni verrebbero tolte quest'anno: e il giorno in cui gli europei e gli italiani torneranno a Teheran troveranno comunque un mercato occupato da molti attori nuovi.

L'Italia esporta in Iran 1,5 miliardi di dollari
L'Italia esporta oggi circa 1,5 miliardi di dollari in Iran: senza le barriere delle sanzioni potrebbe raggiungere in un anno o due gli 8-10 miliardi, circa lo 0,6-0,8% del Pil. Ma è tutto il sistema della repubblica islamica che mostra crepe evidenti. Ahmadinejad in un discorso pubblico in Khorassan ha dichiarato: «In questo Paese il 60% della ricchezza è in mano a 300 persone». Alla vigilia della rivoluzione il 60% della ricchezza dell'Iran era in mano alla Corte dello Shah e a 100 famiglie. Qualcuno lo deve avvertire che la Rivoluzione del '79 dell'Imam Khomeini venne fatta in nome dei diseredati e degli oppressi. Che cosa è accaduto da allora in Iran in questi tre decenni?

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