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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2013 alle ore 18:29.

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Matteo Renzi non ha nessuna intenzione di "bruciarsi" ora con incarichi da premier per tentare di mettere su un governo che possa avere la maggioranza in Senato. È lo stesso sindaco di Firenze a rompere il silenzio post-elettorale e a smentire le indiscrezioni di stampa che lo riguardano.

Per il resto nessuna pugnalata alle spalle al segretario Pier Luigi Bersani, con il quale c'è stato dopo le elezioni un breve scambio di messaggi ma non ancora una telefonata, e nessun facile discorso del tipo "ve lo avevo detto". Renzi continuerà a fare il sindaco di Firenze, restando alla finestra per quanto riguarda gli sviluppi politici nella Capitale e giocando fino all'ultimo il ruolo di gran riserva del Pd.

Martedì, il giorno prima della direzione convocata da Bersani per analizzare la sconfitta (o vittoria azzoppata che dir si voglia), Renzi farà il punto in una riunione a Firenze con i neoparlamentari a lui vicini (una quarantina). Il sindaco non ha ancora deciso se partecipare al parlamentino del Pd, ma probabilmente deciderà di non intervenire lasciando a qualcuno dei suoi il compito di esporre la linea.

Insomma, Renzi aspetta, come tutti, l'evolversi degli eventi e si tiene pronto alla candidatura a premier se il Paese dovesse precipitare verso le elezioni anticipate, a giugno o a novembre. Quasi tutti nel Pd, a parte i "giovani turchi", già guardano a lui come al salvatore, l'unico che può competere da vincitore sul terreno di Beppe Grillo. È di queste ore l'endorsement del numero due del partito Enrico Letta («è Matteo il nostro futuro»). Proprio Letta, insieme a Francesco Boccia e Dario Franceschini, sta tenendo in questi giorni i contatti con Renzi per preparare il passaggio di consegne.

Nel caso in cui dovesse fallire il tentativo bersaniano di dar vita a un governo di minoranza con l'appoggio esterno dei grillini, le dimissioni di Bersani sono quasi certe. E Renzi, non è un mistero, non è mai stato interessato a guidare il partito. Né sembra lo sia a maggior ragione in questa situazione di massima confusione. Dunque si andrebbe verso una reggenza allo stesso Letta in vista del congresso previsto per l'autunno mentre Renzi si concentrerebbe totalmente sulla campagna in vista del voto anticipato entro un anno. Questo a grandi linee lo schema a cui si sta lavorando nel Pd.

Ora la parola è naturalmente al Presidente della Repubblica, né si può escludere l'ipotesi di un governo di transizione che si limiti ad alcune riforme, come vorrebbe l'area veltroniana. Anche in questo caso Renzi mostra di avere le idee ben chiare sulle cose da fare prima di tornare al voto: «Togliere il finanziamento pubblico ai partiti, subito, come primo atto del nuovo Parlamento, con efficacia immediata sarebbe come dire ai cittadini: ok, abbiamo capito la lezione. Adesso scriviamo una pagina di storia nuova». Quanto a Grillo, per Renzi è «sbagliato inseguirlo, il leader di M5S va sfidato e non rincorso».

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