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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2013 alle ore 06:37.

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Tempi duri per chi vuol proteggere i propri risparmi. E non solo per le turbolenze sui mercati legate alle incertezze politiche post-elettorali. Dopo mesi di polemiche sul caro-tasse monopolizzate dall'Imu, gli investitori stanno toccando con mano in questi giorni gli effetti della stretta fiscale sul risparmio iniziata con la manovra di Ferragosto del 2011 e proseguita con il decreto salva-Italia e la legge di stabilità per il 2013.

Il peso del fisco
Facciamo qualche esempio. Su un investimento-tipo di 10mila euro con un rendimento lordo del 3%, ora il fisco si prende mediamente il 30% dei "profitti". Se poi si tratta di azioni, il rincaro riconducibile alla Tobin tax può arrivare fino al 15,9% rispetto alla situazione precedente. Ma la percentuale varia molto in base all'importo investito e al prodotto finanziario prescelto, e in alcuni casi limite può arrivare a punte dell'80% per i derivati soggetti alla Tobin tax che estremizzano l'effetto di leva finanziaria.

I più penalizzati, però, non sono sempre coloro che utilizzano strumenti finanziari sofisticati. Anzi, la combinazione tra bollo e ritenute fa sì che il prelievo sia più pesante sulle piccole somme e sui prodotti più semplici. Su 3mila euro di titoli di Stato, a esempio, la pressione fiscale può arrivare al 50% delle cedole, portando il rendimento netto al di sotto del tasso d'inflazione: 1,49% di guadagni effettivi contro l'1,9% di costo della vita misurato dall'Istat a febbraio. Mentre sulle obbligazioni societarie – tipico prodotto offerto dal sistema bancario ai piccoli risparmiatori – si sfiora il 60% di pressione fiscale. Come dire: a parità di rendimento, conviene quasi lasciare il denaro sul conto corrente, dove almeno – se la giacenza annua non supera i 5mila euro – non scatta il bollo in somma fissa.

Certo, l'incidenza del fisco diminuisce al crescere degli asset investiti, perché l'imposta di bollo e l'Ivafe allo 0,15% hanno un minimo di 34,20 euro. Ma questo è un effetto regressivo che non consolerà granché chi ha piccole cifre in gioco.

Le «nuove» imposte
L'attenzione riservata all'Imu nell'ultimo anno e mezzo ha fatto il paio con la disattenzione per i nuovi tributi sul risparmio, forse anche perché si tratta di imposte "automatiche", che vengono applicate direttamente da banche, Sgr e Sim. A questo si aggiunga che diversi intermediari – in attesa delle istruzioni ufficiali poi arrivate con la circolare 48/E/2012 – hanno fatto scattare la nuova imposta proporzionale tutta in una volta nell'estratto conto dello scorso dicembre. Il risultato è che molti risparmiatori si sono accorti davvero delle novità solo negli ultimi giorni. E non è detto che tutte le implicazioni siano stati pienamente valutate nelle scelte d'investimento: chi si è ricordato, ad esempio, dell'Iva al 21% che dal 1° gennaio di quest'anno si applica sulle commissioni di gestione pagate dai titolari di gestioni individuali di patrimonio?

La variabile Tobin tax
In questo scenario si inserisce la versione italiana della Tobin tax – operativa da venerdì scorso – che colpisce tra l'altro l'acquisto di azioni emesse da società italiane e le operazioni su strumenti finanziari derivati (in questo secondo caso, dal prossimo 1° luglio).
Ad esempio, per un'operazione su azioni soggetta al tributo, il prelievo va da 3,60 euro (per un investimento di 3mila euro) a 120 euro (per uno di 100mila euro). Ma è l'incremento percentuale rispetto alla situazione precendete a far capire quanto possa incidere l'imposta: dal 6,9% per l'importo più basso al 15,9% per quello più alto, con il prelievo proporzionale della Tobin tax che attenua gli effetti regressivi.

TABELLA / Il peso del fisco sugli investimenti »

TAG: Fisco, Istat, Sgr

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