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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2013 alle ore 08:23.

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La partita per il Quirinale si apre formalmente oggi. In giornata, infatti, la presidente della Camera, Laura Boldrini, diramerà le convocazioni per poter riunire giovedì prossimo il Parlamento in seduta comune. Le comunicazioni partiranno alla volta dei singoli deputati, del presidente del Senato (che, a sua volta, provvederà a informare ogni singolo senatore) e dei venti presidenti dei consigli regionali, ai quali spetta indicare i tre delegati (uno solo per la Valle d'Aosta) che faranno parte dei grandi elettori del Capo dello Stato.

La macchina, in realtà, si è messa già in moto nei giorni scorsi, perché molte Regioni hanno già provveduto a eleggere chi li rappresenterà in Parlamento. C'è, infatti, la necessità di non farsi trovare impreparati, vista la ristrettezza dei tempi. Anche se al riguardo non ci sono regole stringenti, in passato solitamente è invece accaduto che il consiglio regionale abbia designato i propri delegati una volta ricevuta la convocazione formale del presidente della Camera.
Mercoledì i 58 grandi elettori provenienti dalle regioni arriveranno a Roma per potersi accreditare presso Montecitorio, dove sarà predisposto un servizio di accoglienza. I delegati si presenteranno alla Camera con la lettera del presidente del consiglio regionale che ne attesta il titolo per poter partecipare alle elezioni del Capo dello Stato, titolo che passerà poi al vaglio formale degli uffici di presidenza, riuniti in sede congiunta, di Camera e Senato.

Di pari passo si procederà ad allestire l'assemblea di Montecitorio per poter ospitare le votazioni. Si tratterà non tanto di intervenire sulla logistica così da poter far entrare tutti i 1.007 grandi elettori – l'emiciclo, infatti, è congegnato per contenere 630 deputati e più di tanto non si può fare – quanto per allestire le cabine in cui si esprimerà il voto, rispettando il vincolo della segretezza voluto dalla Costituzione. Il lavoro, dunque, sarà soprattutto quello di sistemare nell'aula dell'assemblea le cabine – di solito sono tre quelle utilizzate nella votazione del presidente della Repubblica, ma si potrebbe anche ricorrere a una quarta, come avviene nella votazione del presidente della Camera – con l'accortezza di assicurare gli spazi per permettere il transito di chi è chiamato al voto.
Già giovedì, infatti, potrà avere luogo il primo scrutinio nell'ora e secondo le procedure individuate nella riunione dei capigruppo di Camera e Senato: di solito vengono chiamati al voto, seguendo l'ordine alfabetico, prima i senatori, poi i deputati e quindi i delegati regionali. Con la cosiddetta "chiama", cioè l'indicazione per nome e cognome di chi deve votare, lo scrutinio entrerà nel vivo.

L'elettore ritira la scheda (che sarà di un diverso colore per ogni votazione, così da rendere immediatamente identificabili quelle di ciascuno scrutinio), si reca nella cabina, esprime il voto e poi lo deposita nell'urna. Una volta terminata la chiama dei grandi elettori, si passa allo spoglio, che è pubblico. L'intero scrutinio richiede diverse ore ed ecco perché di solito si procede a due votazioni al giorno. In passato, però, si sono registrati casi di tre scrutini in un'unica giornata.
Dopo le prime due votazioni, che per eleggere il nuovo presidente richiedono la maggioranza dei due terzi dell'assemblea (dunque, almeno 671 preferenze), dalla terza in poi è sufficiente la maggioranza assoluta (504 voti). Non c'è un limite al numero di scrutini: si può andare avanti a oltranza. Tant'è che se Cossiga e Ciampi sono stati eletti al primo tentativo, per Saragat ce ne sono voluti 21 e per Leone 23.

Una volta eletto, il presidente della Repubblica assume la pienezza dei propri poteri dopo il giuramento davanti al Parlamento in seduta comune (ma senza la presenza dei delegati regionali). Non ci sono regole circa la tempistica del giuramento, che può avvenire il giorno dopo o anche essere rimandato. Teoricamente, si potrebbe aspettare anche la scadenza del mandato del presidente Napolitano, che lascerà il 15 maggio. Ipotesi che, vista la situazione politica, appare però poco probabile.
La memoria delle elezioni non va, ovviamente, perduta. Le schede vengono, infatti, custodite per l'intera durata della legislatura presso il servizio assemblea di Montecitorio, dopodiché vengono trasferite nell'archivio storico del Parlamento.

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