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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2013 alle ore 06:35.

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c)Il terzo criterio è una valutazione intermedia tra le due precedenti.
Non è invece possibile usare i criteri che le banche partecipanti applicano per valutare le quote in Bankit nei propri bilanci, anche perché gli stessi sono disomogenei. La nostra preferenza è per un valore più sbilanciato verso la quota massima ove si adottassero accorgimenti per bloccare la disponibilità delle conseguenti plusvalenze nei bilanci delle banche partecipanti. Questo perché esiste il precedente del 1936 quando la Banca d'Italia, sino ad allora quotata in Borsa, "rimborsò" i propri azionisti ai valori di libro.
Acquirenti delle partecipazioni, procedura di vendita, politiche di rilancio economico
L'operazione potrebbe avvenire con due modalità complementari riferite al 94,33% delle quote in quanto Inps e Inail, essendo enti pubblici, con una partecipazione complessiva del 5,67% potrebbero restare. Le quote da allocare sono dunque 283mila. Bankit potrebbe comperare il 5% delle quote (buyback diretto) mentre il rimanente nella misura dell'89,33% dovrebbe essere rilevato (buyback nazionale) dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp). Questa S.p.A., che è posseduta al 70% dal Mef e al 30% dalle Fondazioni di origine bancaria, ha infatti tra i suoi fini statutari il "finanziamento sotto qualsiasi forma dello Stato, delle Regioni, degli enti locali, degli enti pubblici e degli organismi di diritto pubblico".
Sulla base del patrimonio netto, Bankit dovrebbe pagare per il buy-back diretto un massimo di 1,1 miliardi di euro usando a tal fine una modesta parte della riserva da rivalutazione dell'oro (oltre 76 miliardi a fine 2011).
Per il restante 89,33% andrebbe pagato un massimo di 19,8 miliardi di euro. Se la Banca d'Italia trasferisse il proprio oro ad un'entità controllata, le riserve da rivalutazione auree sarebbero realizzate e quindi assoggettate ad imposta (Ires, aliquota del 27,5%). Valutando prudenzialmente il prezzo di mercato dell'oro come media tra minimo e massimo dell'ultimo triennio (1.150 euro/oncia) l'imposta da versare ammonterebbe a 19,6 miliardi di euro, addebitabile contabilmente alla riserva aurea di cui assorbirebbe, comprendendo il buyback diretto, meno del 30%. I 19,6 miliardi di gettito erariale potrebbero essere usati dal Mef per un aumento di capitale della Cdp che disporrebbe quindi dei mezzi per acquistare il controllo dell'89,33% del capitale di Bankit.
Le banche venditrici delle quote Banca d'Italia alla Cdp trarrebbero vantaggi in termini di rafforzamento patrimoniale. Le plusvalenze pari a oltre 13 miliardi di euro, tenuto conto della loro origine, potrebbero essere vincolate per almeno un triennio in una riserva apposita che andrebbe ad aumentare per l'intero ammontare il core tier1 delle banche venditrici.
Il buy-back nazionale produrrebbe effetti sulla redditività della Banca d'Italia. Tenuto conto che il saldo attivo della nostra banca centrale, dopo il modesto prelievo per i dividendi da versare ai partecipanti, andrebbe comunque distribuito al Tesoro dello Stato, si tratta di un onere da ritenere sopportabile. Tanto più considerando che Bankit vanta una superpatrimonializzazione rispetto alle consorelle di Francia, Germania e Regno Unito valutabile tra 13 e 19 miliardi di euro.
La nostra proposta ha ancora molti aspetti da approfondire specie dal punto di vista legale, ma noi riteniamo che in un momento così difficile per l'Italia sia doveroso analizzare questo problema la cui soluzione potrebbe essere finalizzata a rafforzare il credito e le imprese. Infatti a fronte delle plusvalenze realizzate sulla cessione delle quote Bankit (oltre 13 miliardi di euro), le banche beneficiate potrebbero impegnarsi a finanziare investimenti. Le prevedibili obiezioni dell'Europa potrebbero essere smosse ricordando che l'Italia avrebbe bisogno dall'Europa di una par condicio. A tal fine andrebbero ricordati sia gli aiuti statali alle banche degli altri paesi, sia il fatto che nel periodo 1999-2013 l'Eurozona (Bce e singoli Paesi) ha venduto riserve ufficiali per quasi 2000 tonnellate mentre l'Italia non ha venduto nulla.
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Il testo integrale
della proposta01VALORIZZARE L'ORO SENZA VENDERLO2VALORIZZARE L'ORO PER PUBBLICIZZARE BANKIT3LE CONCLUSIONILo scenario internazionale e il «forziere» di Via Nazionale Il programma Bankoro è un passo intermedio che rientra nelle competenze italiane. Per questo bisogna partire dalla sistemazione delle partecipazioni private nel capitale di Bankit con una operazione che coinvolga le riserve auree detenute dalla Banca d'Italia. Il programma porterebbe a ricapitalizzare le banche italiane che sono "azioniste" di Bankit con effetti positivi su tutto il sistema bancario italiano e per l'erogazione di credito a vantaggio delsistema economico.
Il precendente: dal giugno 1974 al luglio 1978 l'Italia dette in garanzia 540 tonnellate di riserve auree per ottenere un prestito dalla Germania.

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