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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2013 alle ore 17:08.
L'ultima modifica è del 16 aprile 2013 alle ore 13:08.

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Pier Luigi Bersani ufficialmente li ha ancora nella rosa, e ieri li ha chiamati per rassicurarli. Ma è chiaro che le bordate di Matteo Renzi contro Franco Marini e Anna Finocchiaro hanno di fatto depennato i nomi dei due storici dirigenti del Pd dalla corsa al Quirinale. Formalmente restano in campo, in particolare la Finocchiaro che gode di stima nel centrodestra e soprattutto tra i leghisti, ma certo insistere su queste due personalità esporrebbe il Pd a una plateale spaccatura che Bersani non si può permettere né vorrebbe. Della rosa originaria da sottoporre a Silvio Berlusconi nell'incontro che dovrebbe tenersi domani sera o addirittura giovedì mattina, a ridosso delle votazioni per l'elezione del successore di Giorgio Napolitano, restano dunque Giuliano Amato, Massimo D'Alema e sullo sfondo Luciano Violante.

Amato prima scelta, in "nodo cattolico"
È Amato la prima scelta, il nome su cui potrebbero convergere i grandi elettori alla prima votazione in caso di accordo blindato tra il Cavaliere e il segretario del Pd. Sostenuto da Matteo Renzi («solo Amato, Prodi e D'Alema hanno lo standing internazionale che serve al Paese», ripete il sindaco ai suoi, e l'elenco non è evidentemente in ordine alfabetico ma di gradimento), Amato più di D'Alema potrebbe forse placare il malcontento dei cattolici del Pd dopo la bocciatura di fatto di Marini. L'ex premier e ministro dell'Interno ha infatti buoni rapporti con personalità come Enrico Letta e Dario Franceschini. «Da laico Amato è sempre stato attento alla sensibilità del mondo cattolico – ricorda non a caso un renziano –. Intensi i rapporti con don Paglia e Andrea Riccardi, viene visto Oltretevere come un interlocutore serio, competente, attento». Come alternativa "cattolica" a Marini nella rosa del Pd resta Sergio Mattarella. Il cui nome è tuttavia speso più ad uso interno che ad uso esterno, spiega un dirigente democratico vicino a Bersani. Il Cavaliere, infatti, non ha posto alcuna pregiudiziale su un cattolico o meno e si sentirebbe più "garantito" da personalità laiche come appunto Amato, o D'Alema, o Violante.

Il M5S punta sulla Gabanelli: più difficile la carta Prodi
In mancanza di accordo con il Pdl resta sempre sul campo l'alternativa di Romano Prodi, che visti gli anatemi di Berlusconi sarebbe comunque eletto a maggioranza. Prodi avrebbe senz'altro la capacità di unire il centrosinistra e di convogliare anche i voti dei montiani. Tuttavia la strada del possibile coinvolgimento del Movimento 5 Stelle sul suo nome è platealmente caduta, come d'altra parte c'era da aspettarsi dopo lo stop venuto da Roberto Casaleggio all'ipotesi di un presidente politico. Le "quirinarie" (ossia il sondaggio on line dei grillini) hanno infatti consegnato un nome rispettabilissimo ma che appunto con il mestiere della politica non c'entra: è Milena Gabanelli, la giornalista autrice di Report, la vincitrice. Una scelta che di fatto pone il M5S fuori dai giochi per l'elezione del presidente della Repubblica. Rendendo per altro rischiosa la carta Prodi da eleggere a maggioranza dalla quarta votazione: senza l'appoggio esplicito dei parlamentari grillini rischierebbe infatti di essere bruciata dai possibili franchi tiratori interni al Pd.

Le incognite della «mossa che spariglia»
Si torna dunque alla rosa ristretta. E proprio in queste ore, nonostante lo stallo apparente, stanno aumentando le possibilità di un'elezione condivisa se non alla prima, entro le prime tre votazioni: la strada dell'intesa con il Pdl non ha molte alternative. C'è pur sempre l'ipotesi della mossa che spariglia, sulla scia di quanto accaduto con il tandem Boldrini–Grasso alla presidenza delle Camere. In Parlamento si rincorrono voci di questo tipo, e già si traccia l'identikit dell'uomo che avrebbe in testa Bersani: giudice costituzionale fuori dalla nomenclatura dei partiti e non sgradito al centrodestra. Ma quella della mossa che spariglia è una scelta troppo rischiosa per il segretario del Pd. Bersani, racconta chi gli è vicino in questi giorni di trattative, è consapevole che c'è bisogno di un politico vero al Colle. «Diversamente sarebbe la debacle definitiva della politica...».

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