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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2013 alle ore 07:24.

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«Al servizio del Paese». L'incarico a Enrico Letta per formare il Governo è la prosecuzione di quell'impegno che Giorgio Napolitano ha attuato nel suo primo settennato di presidente della Repubblica e che ha riconfermato accettando generosamente la rielezione. Letta lo ha rimarcato per il nascente Governo.

Per chi assume cariche istituzionali questo «servizio» è un «dovere» ma molto spesso non è stato così in Italia. Troppe volte, nelle politiche e nelle parole, le visioni fortemente di parte hanno prevalso mentre calcoli elettoralistici a soli fini di preservazione di interessi particolari (più o meno evidenti) hanno avvelenato il clima politico. Il merito dei problemi è passato così in secondo piano.
Tutto ciò non è più possibile al Parlamento che ha votato la riconferma di Giorgio Napolitano e ne applaudito il discorso del 22 aprile, che resterà nella storia della nostra Repubblica sia per etica civile e concretezza istituzionale sia perché traccia un solco netto tra una Repubblica dei partiti e i partiti per la Repubblica. È una opzione irrevocabile per chi ha pregato Napolitano di restare alla presidenza della Repubblica. Ma è opzione discriminante anche per le forze politiche che si sono dissociate dalla stragrande maggioranza del Parlamento nella convinzione, confusa e ingenua, di poter gestire con dei web-referendum un Paese da 60 milioni di abitanti.

Napolitano nel dare l'incarico a Letta ha sottolineato sia l'età, sia la pratica di parlamentare e quella partitica, sia la competenza nelle questioni economiche, sia la caratura europea ed internazionale. Tutto ciò colloca Letta in un'area molto diversa da quella dei "tecnici" la cui scarsa pratica politica e operativa può diventare astrattismo utile per delineare scenari ma non per scegliere.
Letta nell'accettare con riserva l'incarico ha sottolineato due linee programmatiche per uscire dalla crisi italiana: le riforme interne sia istituzionali che economiche; le riforme europee per la crescita. Sullo sfondo ci sono anche i due documenti dei saggi nominati da Napolitano. Speriamo che Letta nel programma di governo attui una combinazione tra quei documenti e le istanze delle parti sociali (imprese e sindacati) confermando quell'attenzione all'economia reale che egli ha sempre avuto.
In attesa del programma richiamiamo alcuni problemi economici sul cui sfondo ci sono sempre quelli sistemici inerenti la razionalizzazione della spesa corrente, la semplificazione e l'efficienza delle Pubbliche amministrazioni.

In un nostro articolo del 15 aprile scorso abbiamo sottolineato tre urgenze con effetti di breve termine: il pagamento di tutti i debiti delle Pa verso le imprese; il potenziamento del fondo centrale di garanzia per riattivare il credito alle Pmi; il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga. Oggi consideriamo tre urgenze con effetti di medio termine: l'Italia nella Ue e Uem; la riforma tributaria; l'innovazione per una crescita verde.

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