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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2013 alle ore 07:04.

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Per riassumere, dietro le proposte ci sono esigenze ormai chiarissime:
– fornire credito a medio-lungo termine;
– offrire garanzie a condizioni vantaggiose;
– sviluppare strumenti di condivisione del rischio tra operatori finanziari e pubblici;
– intervenire con strumenti di finanza mezzanina e direttamente nell'equity delle imprese per rafforzarne la strutture del capitale.
Il tempo, comunque, stringe. Gli economisti sostengono che occorrono circa sei mesi perché gli effetti di una riduzione del costo del denaro si trasmettano sull'economia, ma dopo due anni di misure «ordinarie e straordinarie» che avrebbero dovuto generare lo stesso risultato non c'è molto ottimismo sull'esito immediato della nuova manovra: almeno finora, l'enorme liquidità generata finora dai tagli dei tassi e dagli allentamenti quantitativi è finita infatti nei depositi della Bce e della Fed, nella Borsa e nei titoli di Stato, ma certamente non nei conti delle imprese che ormai dal 2008 sono all'asciutto di credito per i loro investimenti.

Basti pensare che dal 2008, grazie alla liquidità erogata dalle banche centrali - Bce compresa - ben 10mila miliardi di dollari in più sono stati investiti sulle Borse mobiliari mondiali, mentre i collocamenti di titoli sovrani sono raddoppiati a oltre 23mila miliardi di dollari. E pur avendo ricevuto finanziamenti a costo "quasi-zero" per oltre 1.100 miliardi di euro, le banche europee ne hanno lasciati quasi la metà in deposito alla Bce, il resto in cassaforte e sui mercati azionari e del debito.
Nello specifico italiano, le banche hanno utilizzato quasi completamente gli oltre 250 miliardi di euro di prestiti a sconto della Bce (tra l'altro estesi ieri fino al 2014) per comprare BoT e BTp, a loro giudizio più redditizi e meno rischiosi dei prestiti alle imprese: nel solo mese di marzo, per avere un'idea del fenomeno, le banche italiane hanno speso quasi 10 miliardi di euro nell'acquisto di titoli di Stato - che altro non sono che un prestito ai Governi - ma appena 1,9 in finanziamenti all'economia.
Di tutto questo è ben consapevole anche la Bce, che per stimolare la crescita ha nuovamente ridotto ieri i tassi. Gli artigiani di Mestre calcolano un beneficio di 3,6 miliardi per famiglie e imprese. È una bella notizia questo minor carico di interessi sui mutui e i prestiti. Ma, come detto, il problema italiano resta la mancanza di un flusso sicuro e stabile di finanziamento alle imprese e alle famiglie, prima ancora del livello dei tassi. Se non si affronta questa realtà è illusorio parlare di ripresa economica. Certo, costo e flessibilità del lavoro, costi dell'energia, cappa asfissiante delle procedure amministrative e tutti gli altri lacci che ben conosciamo zavorrano lo sviluppo; ma la disponibilità di credito ne è l'elemento base, e su questo fronte non si è andati al di là di generici appelli che lasciano sostanzialmente inalterato lo stato di fatto.

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