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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2013 alle ore 13:27.

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È mancato questa mattina a Roma nella sua abitazione di Corso Vittorio Emanuele II il senatore a vita e politico di lungo corso italiano Giulio Andreotti. Romano, nato il 14 gennaio 1919, Andreotti ha rappresentato per molti anni una delle figure centrali del sistema politico italiano. È stato infatti il 16º, 19º e 28º Presidente del Consiglio dei ministri, oltre ad aver ricoperto una lunga lista di incarichi ministeriali. I funerali, previsti per il pomeriggio di domani nella Capitale, si svolgeranno probabilmente in forma privata e, su richiesta dei familiari, non sarà allestita la camera ardente.

Protagonista in Parlamento dal 1945
In Parlamento sin dai primi passi della Repubblica, nel 1945 Andreotti ha fatto parte della Consulta Nazionale all'Assemblea costituente, seguita dall'elezione a parlamentare dal 1948 al 1991, e la nomina a senatore a vita nel 1991. Nel suo passato, anche un celebre processo a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa concluso con l'assoluzione per i fatti successivi al 1980 e la dichiarazione di non luogo a procedere per i fatti anteriori.

La guida di ministeri chiave
La sua lunghissima carriera politica lo ha visto alla guida di molti dei ministeri chiave dei governi a guida Democrazia cristiana, come il ministero della Difesa (8 volte), quello degli Esteri (5 volte) e il dicastero delle Partecipazioni Statali (3 volte). Altri incarichi come ministro delle Finanze (2), del Bilancio e ministro dell'Industria, del Tesoro e dell'Interno (il più giovane della storia repubblicana, a soli trentaquattro anni). Fu anche ministro dei Beni culturali (ad interim) e ministro delle Politiche comunitarie.

Il cordoglio del Pdl
L'annuncio della morte del "Divo Giulio" - uno dei tanti soprannomi che hanno accompagnato la sua lunghissima carriera politica – ha subito suscitato il cordoglio pressoché unanime del mondo politico. Per il presidente dei senatori Pdl, Renato Schifani, «scompare un simbolo della nostra vita democratica. Un uomo che é stato capace, con alto senso dello Stato e con un'intelligenza non comune, di segnare tanti momenti fondamentali delle nostre istituzioni». Il collega di partito Fabrizio Cicchitto in una nota parla invece di « personalità che, nel bene e nel male, ha espresso lo spirito più profondo della Dc», sottolineando la sua propensione alla mediazione con tutti, «anche con la mafia tradizionale, mentre invece condusse una lotta senza quartiere contro quella corleonese».

Il ricordo del mondo cattolico
Dal mondo cattolico arriva il ricordo del leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini («Sono certo che la storia darà di questo uomo di Stato un giudizio più pacato e serio dell'opinione che gli hanno riservato in vita i suoi tanti detrattori») e del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni: «Andreotti ha rappresentato per tanti anni il nostro Paese nel mondo, più volte come presidente del consiglio e ministro degli esteri, rivendicando sempre con coerenza la collocazione dell'Italia nell'area occidentale, accanto a tutte le democrazie libere e partecipative. Rappresentava un'idea della politica concreta, sobria nei toni e nei giudizi ma sempre disponibile al dialogo anche con le parti sociali e con corpi intermedi della società italiana». Per il piddino Beppe Fioronii Andreotti «ha caratterizzato la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. Per chi lo ha conosciuto e apprezzato lascia comunque un vuoto di capacità, competenza e soprattutto rispetto del senso dello Stato e della Costituzione».

D'Alema: uomo del dialogo, ha fatto la storia repubblica
Dal fronte Pd, tra i primi a commentare la scomparsa del sentore a vita è Massimo D'Alema: «Con Andreotti scompare uno dei maggiori protagonisti della vita politica e democratica del paese del dopoguerra, la personalità che forse più di ogni altra ha rappresentato la continuità del ruolo di governo e della centralità politica della democrazia cristiana nella storia della prima repubblica». In una nota, D'Alema riconosce gli sforzi di Andreotti per «mantenere aperto il dialogo anche con forze politiche lontane dal suo pensiero», contribuendo a «consolidare il ruolo e la presenza internazionale del nostro paese, concorrendo così in modo determinante a fare la storia dell'Italia repubblicana». Il deputato Marco Di Maio si è invece detto convinto che Andreotti «sarà ricordato come l'uomo politico più a lungo sulla breccia e che ha vissuto più da vicino (e spessissimo da protagonista) le fasi cruciali del nostro paese, conoscendone anche risvolti ignoti alla gran parte dei cittadini italiani (cosa di cui non ha mai fatto mistero). Un protagonismo vissuto con ferrea determinazione, ma anche con un'ironia acuta e pungente. È evidente che con la sua morte se ne va un pezzo della storia d'Italia».

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