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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2013 alle ore 10:15.

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Come un apprendista stregone che s'imbarca in un esperimento un po' per gioco e un po' per curiosità e scopre l'effetto inatteso delle sue azioni, mi sono reso conto del potente impatto che ha l'educazione sulla vita della gente. C'è innanzitutto un risultato concreto e visibile: Vicino ad Arghosha, la nostra prima scuola (foto 11), è sorta un chilometro più a Sud una diga per la gestione delle acque della valle, mentre un ambulatorio costruito dai militari neozelandesi, un chilometro più a nord, ha ridotto drasticamente la mortalità al parto. Lo stesso è capitato a Kamati, una scuola ai piedi del massiccio del Koh e Baba, dove c'è da un anno un ambulatorio costruito dalla ONLUS svizzera Help Schaffausen e un sistema di canalizzazione delle acque. A Chardeh, che sorge accanto a una scuola maschile da 1800 ragazzi, c'è un grande ambulatorio realizzato da Us Aid e addirittura un bazaar, fiorito negli ultimi anni. A Sar e Qul è stato gettato due anni fa un ponte su un torrente che le ragazze dovevano guadare e da tre anni c'è una clinica (foto 12-16). Zarin e Sar e Qul hanno attratto inoltre grandi NGO come Save the Children: la divisione giapponese della famosa organizzazione ha infatti costruito dei muri di cinta attorno agli edifici.

Siamo piccoli ma ci siamo mossi nella direzione giusta al momento giusto, specialmente con la gente giusta sul campo, provando di essere in grado di dettare la linea anche a grandi organizzazioni caritatevoli. E la nostra attività procede con successo. Poco prima di lasciare il Paese sono riuscito a porre la prima pietra della nostra nona scuola, a Ghorab, in una commovente cerimonia davanti agli alunni e agli abitanti della valle. La scuola completa una struttura costruita anni fa da Care International che non era più sufficiente ad accogliere gli studenti, costretti a studiare sotto le tende.

La nostra ridotta dimensione ci ha permesso agilità e allo stesso tempo un capillare controllo su tutto ciò che facciamo. Mantenendo un contatto continuo con i nostri operatori afghani. Dai quali esigiamo assoluta onestà e trasparenza. Finora non ce n'è stato mai bisogno, a giudicare da alcuni aneddoti significativi, come quello di un camion di mattoni che ha perso il carico durante un trasporto 5 anni fa e di cui ho saputo solo ora, dato che non ce lo avevano mai fatturato e si vergognavano di parlarne. O il rigore che la nostra ONLUS afghana ha dimostrato quando in una valle dei contadini volevano venderci la terra dove sarebbe sorta la scuola ma i nostri corrispondenti ci hanno suggerito di tenere duro minacciando di andare in un'altra valle a costruire fino a che abbiamo ottenuto ciò che volevamo.
Il mio lungo viaggio nel centro Afghanistan mi ha convinto che per noi il fatidico 2014 sarà un anno come un altro. Lo celebreremo costruendo simbolicamente la nostra decima scuola per festeggiare il decimo anno della nostra presenza nel Paese. Continueremo a lavorare fino a che i nostri amici afghani ce lo chiederanno e i nostri donatori ce lo permetteranno. Il migliore antidoto contro chi distrugge è costruire. Di pietre in Afghanistan ce ne è in abbondanza.

Per chi desiderasse maggiori informazioni: www.arghosha.org

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