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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2013 alle ore 15:08.

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Il P.M. Raffaele Guariniello - AnsaIl P.M. Raffaele Guariniello - Ansa

Condanna più pesante, da 16 a 18 anni di reclusione, nel processo d'appello per la strage dell'amianto, a carico del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, responsabile della multinazionale franco-svizzeraEternit, per il reato di disastro ambientale doloso mentre quello di omissione volontaria di cautele antinfortunistiche in sede di appello è caduto in prescrizione. Nella sentenza della corte d'appello, inoltre, i giudici hanno esteso la responsabilità dell'imputato non soltanto per i siti produttivi di Casale Monferrato e Cavagnolo, in Piemonte, ma anche per quelli di Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia).

Sul banco degli imputati era rimasto soltanto lo svizzero Schmidheiny, dopo la morte il 21 maggio scorso, a 92 anni, del barone belga de Cartier, anch'egli condannato in primo grado. La Corte ha deciso in questo caso di non doversi procedere per la morte del reo. Per i giudizi dell'appello, non vengono puniti i fatti nel periodo compreso tra il 1966 e il 1976.

La lettura del dispositivo da parte del giudice Alberto Oggè è durata più di un'ora: alla definizione delle pene di reclusione, infatti, è seguita la lettura dei nomi delle centinaia di parti civili alle quali il Tribunale ha riconosciuto un risarcimento danni. Si tratta di ammalati di mesotelioma, forma grave di cancro indotta dall'amianto, e di altre patologie connesse, e di parenti delle vittime. In primo grado, i danni riconosciuti ammontava a 90 milioni di euro, cifra che dovrà ora essere ridefinita in conseguenza della morte del secondo imputato.

Tra le parti civili riconosciute anche le istituzioni che si sono costituite parti civili in appello, come già era accaduto in primo grado. La Corte d'appello di Torino ha disposto provvisonali per 30,9 milioni per il Comune di Casale Monferrato (25 in primo grado), la città maggiormente colpita dalle patologie connesse all'esposizione all'amianto, 20 milioni alla Regione Piemonte (come nella prima sentenza), 100mila euro ai sindacati, 70mila alle associazioni Legambiente, Wwf e Medicina Democratica.

Caduto invece il riconoscimento danni per l'Inail, che in primo grado aveva ottenuto provvisionali per 15 milioni. Una decisione, questa, che ha destato stupore come sottolineato da Nicola Pondrano, presidente del Fondo vittime dell'amianto: l'Inail aveva già promosso azioni di recupero molto dispendiose. "Lo Stato italiano non abbandoni le vittime dell'amianto" sottolinea Bruno Pesce, responsabile dell'Afeva, associazione familiari e vittime dell'amianto. "Mi auguro che, in presenza di una sentenza esemplare come questa, Schmidheiny inizi a risarcire le parti civili già da domani, altrimenti chiediamo allo Stato di aiutarci", così che la sentenzapronunciata oggi trovi piena attuazione.
Centinaia le persone che hanno seguito la lettura del dispositivo, circa 700, nella maggior parte dei casi da Casale, un altro centinaio dalla Francia, una settantina di persone dall'Emilia Romagna, oltre che delegazioni di lavoratori da tutta Europa. Nel pubblico anche l'ex ministro della Salute Renato Balduzzi. Quella per le morti a causa dell'amianto, ha dichiarato Balduzzi, ''è una battaglia che non riguarda solo questo territorio ma ha una valenza internazionale''.

La procura di Torino, rappresentata dal sostituto procuratore Raffaele Guariniello e dai Sarah Panelli, Gianfranco Colace ed Ennio Tommaselli, in fase di appello aveva chiesto per i vertici della multinazionale una condanna a 20 anni di carcere, oltre che il riconoscimento dei reati anche per Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli), dove la corte in primo grado aveva riconosciuto la prescrizione dei reati. La sentenza d'appello, dunque, rafforza la condanna di primo grado, per reati che rimandano, come definito nelle motivazioni della prima sentenza, a comportamenti gravi e a un dolo '' di elevatissima intensità".

I processi
Il processo per il disastro dell'amianto comincia il 10 dicembre 2009 dopo cinque anni di indagini e il rinvio a giudizio, nel luglio 2009, dei due responsabili della multinazionale svizzero-belga. Dopo 66 udienze e due anni di processo, 6mila parti coinvolte e circa tremila morti riconosciute per le patologie indotte dall'esposizione all'amianto, il primo grado si conclude con una condanna a 16 anni e 90 milioni di danni riconosciuti, come provvisionale, dai giudici di primo grado. Il processo d'appello, cominciato a febbraio scorso, è durato poco più di tre mesi e si è concluso con una condanna più pesante a carico del magnate svizzero. E con il "non luogo a procedere" per il secondo imputato, morto a 92 anni.
Lo stabilimento Eternit di Casale Monferrato fu inaugurato nel 1907 e rappresentò il più grande polo di manufatti in cemento-amianto d'Europa. Venne definitivamente chiuso nel 1986. Nel 1992, con la legge 257 del 1992, l'Italia mise al bando l'amianto. Lo stabilimento di Casale fu abbattuto nel 2005.

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