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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2013 alle ore 06:55.

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Servono anche investimenti mirati. Bisogna dare rapida attuazione al piano crescita approvato al vertice europeo dello scorso giugno, con maggiori fondi Ue in garanzia per prestiti e venture capital, Project Bonds per infrastrutture intelligenti, nuova capitalizzazione della Bei, fondi strutturali orientati alla competitività.
Anche il nuovo bilancio pluriennale 2014/2020 dovrà servire da volano per investimenti privati, specie in settori chiave per la competitività industriale, quali materiali e tecnologhe di produzione avanzate, bioeconomia, nanotecnologie e fotonica, veicoli puliti o spazio. Non bastano più fondi, serve anche una ricerca vicina al mercato, con cluster tra imprese università e centri di ricerca. Basti pensare che nel settore delle nanotecnologie Cina e Usa investono rispettivamente il 90% e 76% del totale dei fondi in ricerca applicata a fronte del solo 18% dell'Europa.

Va ribaltata la percezione di un'Europa più nemica che alleata delle sue imprese. Come il personaggio di Candide, ci siamo forse un po' illusi di vivere «nel migliore dei mondi possibili»; di poter diventare, da soli, nel mezzo di una concorrenza globale spietata, un modello per il resto del mondo. Ma non sempre il resto del mondo ci ha seguito. Per cui chi resta a produrre in Europa ha notevoli svantaggi con disparità di standard ambientali o sociali e oneri amministrativi spesso insostenibili. La parità di acceso ai mercati non sempre è garantita e, a volte, giochiamo la stessa partita 11 contro 11 in Europa e 9 contro 13 altrove. Con il costo dell'energia più alto al mondo stiamo spingendo alla delocalizzazione verso paesi che si alimentano col carbone e non hanno regole sulle emissioni. E questo non aiuterà certo il nostro clima. Senza garantire l'approviggionamento a prezzi sostenibili delle materie prime essenziali, alcune industrie saranno costrette a produrre altrove, magari in Cina dove vi è il controllo del 95% delle terre rare.

L'evento promosso oggi a Bruxelles ci permette di fare il punto sullo stato della nuova politica industriale. L'attuazione dei piani elaborati, su auto o costruzioni e quello sull'acciaio che presenterò l'11 giugno rappresenta un test decisivo sulla reale volontà europea di fermare il declino.
Come per l'agricoltura, da preservare con una politica comune in quanto patrimonio europeo, cosi anche l'industria va considerata un bene prezioso, indispensabile per la nostra prosperità. Se la partita si gioca fondamentalmente a livello Ue, allora bisogna che nel cantiere aperto sulla nuova governance economica europea, la politica industriale abbia un ruolo di primo piano.
Il prossimo vertice dedicato all'Industria e alla disoccupazione giovanile del 27 giugno è un'occasione per spingere sulla reindustrializzazione. È necessario affiancare al Fiscal Compact un Industrial Compact, rafforzando il ruolo del Consiglio Competitività affinché svolga un ruolo equiparabile all'Ecofin.
Vicepresidente della Commissione europea, responsabile di Industria ed imprenditoria

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