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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2013 alle ore 18:47.

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La Lega affonda nei veleni. Gentilini: «Finita un'era». E i bossiani vogliono la testa di TosiLa Lega perde Treviso, Brescia e Lodi e affonda nei veleni: i bossiani chiedono la testa di TosiLa Lega affonda nei veleni. Gentilini: «Finita un'era». E i bossiani vogliono la testa di TosiLa Lega affonda nei veleni. Gentilini: «Finita un'era». E i bossiani vogliono la testa di TosiLa Lega affonda nei veleni. Gentilini: «Finita un'era». E i bossiani vogliono la testa di TosiLa Lega affonda nei veleni. Gentilini: «Finita un'era». E i bossiani vogliono la testa di Tosi

«L'era Gentilini è finita». A dirlo è lo stesso ex sindaco sceriffo che, parlando di se' stesso in terza persona, annuncia: «Adesso Gentilini scompare dalla scena amministrativa e politica». Quella che si conclude è anche, sempre per ammissione dell'ex primo cittadino di Treviso, «l'era della Lega e del Pdl». Che gli alleati di sempre, ma anche il suo partito, non lo avessero sostenuto come dovuto Gentilini lo aveva detto da subito, dopo il primo turno che lo aveva lasciato indietro di quasi 8 punti percentuali su Giovanni Manildo. E ora lo ribadisce, perché «io i miei voti me li sono presi. Ma mi sono mancate le stampelle».

Alla vigilia del primo turno Roberto Maroni in Veneto non si era fatto vedere. Troppi impegni in Lombardia. E la sua assenza non aveva portato bene ai due candidati leghisti in prima linea: oltre a Gentilini, Manuela Dal Lago che a Vicenza non è arrivata nemmeno al secondo turno, con la conferma al primo del sindaco uscente Achille Variati (53%). Però a pochi giorni dal ballottaggio a Treviso erano arrivati tutti i pesi massimi della Lega: il segretario federale Roberto Maroni, il governatore del Veneto Luca Zaia e il segretario della Liga veneta-Lega lombarda Flavio Tosi. Eppure quel lungo abbraccio tra l'ex sceriffo e Bobo Maroni non è bastato a svelenire il clima nel Carroccio.

A poche ora dal secondo turno delle amministrative è riesplosa la polemica sulla guida del partito. Umberto Bossi ha sfidato apertamente Maroni e ai cronisti che gli chiedevo se si sentiva «pronto a candidarsi per la segreteria» ha risposto: «Sì, sono pronto». Il clima era già parecchio teso per l'intervista concessa dal Senatur a Gad Lerner (per Repubblica) nella quale Bossi si è tolto diversi sassolini dalla scarpa. E non le ha mandate a dire né a Maroni (accusato di tradimento) né a Flavio Tosi. Il segretario federale aveva reagito sostenendo che in quel modo Bossi danneggiava «la Lega» e contribuiva «a rendere più difficile la vittoria ai ballottaggi». La polemica e i veleni non si sono liquefatti però e, a poche dal ballottaggio, Maroni è stato costretto a ribadire: «Il segretario sono io. Punto». Quanto al suo successore: «Sarà un giovane». Quelle dichiarazioni di Bossi, ha rivelato, lo hanno «addolorato», ma Maroni continua a non credere che il Senatur sia pronto a fare un suo partito.

Non solo Treviso dove la Lega ha dominato per vent'anni, anche le sconfitte a Brescia e a Lodi pesano nel Carroccio.
Che quella delle amministrative sia stata «una batosta» lo dice apertis verbis il segretario della Lombardia, Matteo Salvini, spiaciuto non solo per Treviso ma anche per Brescia, «abbiamo sbattuto la faccia contro il muro». Ma, ammette Salvini, per un partito come il Carroccio, alle prese con litigi e divisioni interne, una batosta «può far bene». Ora «serve un bagno di umiltà». Le sconfitte di Brescia e Treviso riaccendono gli animi dei bossiani e Paola Goisis chiede le dimissioni del segretario del Veneto. Secondo Goisis «la gestione Maroni - Tosi sta escludendo ampissimi spazi di territorio politico, tralasciando intere fette di società civile». Il segretario regionale veneto, Flavio Tosi, punta il dito contro le baruffe interne e ammette la sconfitta, ma la Lega, sottolinea, «ha pagato in maniera carissima il calo dell'affluenza che non é mai stato cosi pesante».

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