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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2013 alle ore 07:44.
Tra queste persone aumenta il tasso di disoccupazione (ovvero di chi cerca lavoro) che va poi ad incrementare nel medio termine, causa scoraggiamento, i Neet che non cercano più lavoro. Questo chiama in causa sistemi formativi e di orientamento che non devono essere autoreferenziali.
Un terzo problema è quello del disallineamento tra le competenze acquisite nei processi formativi e quelle richieste dall'economia. Di norma i maggiori livelli di qualificazione danno migliori prospettive di occupazione ma durante la crisi anche i giovani con alta competenza hanno subito forti cali nel tasso di occupazione e un allungamento dei periodi di disoccupazione.
Eppure nella Ue si stima che ci siano almeno due milioni di posti di lavoro non coperti per mancanza delle qualifiche richieste. Ciò ha varie origini. I datori di lavoro richiedono qualifiche più basse di quelle della forza lavoro giovanile (che quindi preferisce non lavorare) presente nel mercato del lavoro locale. Oppure le qualifiche richieste sono diverse rispetto a quelle disponibili. Infine vi sono carenze di forza lavoro in alcuni Paesi e abbondanza in altri ma la migrazione (di cui si vedono però segnali) non si espande per ragioni linguistiche, abitative, di qualificazioni. E così in Germania ci sono oggi un milione di posti di lavoro disponibili ma non coperti.
La Ue ha vari programmi (co)finanziati dal Fondo Sociale Europeo per varare nei diversi Paesi modalità di apprendistato efficaci, per facilitare la mobilità tra Paesi sia per tirocini che per avviamento all'imprenditorialità, per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro come accade in Germania. Altri programmi dovrebbero partire anche se non è solo una questione di risorse finanziarie. Perchè in una situazione di recessione così grave anche i giovani dovrebbero avere una certa flessibilità sulla tipologia di lavori che non possono essere sempre all'altezza delle loro aspirazioni non necessariamente certificate dai titoli di studio. Ma in tal caso ci vogliono misure incentivanti anche per affiancare al lavoro processi formativi non astratti o fantasiosi ma individuati con le imprese sia per confermare le competenze acquisite sia per diversificarle ed ampliarle.
In altri termini la formazione continua, purchè seria, è oggi una necessità nella Ue. Ma per avere uno sviluppo sostenibile e con alti livelli di occupazione e benessere, secondo gli obiettivi che l'Europa si è data nei Trattati, non basta una crescita qualsiasi. Perchè in presenza di una innovazione continua i rimedi al problema della disoccupazione giovanile si hanno elevando in parallelo le tecnologie (con la ricerca e la sua applicazione economica e sociale) e le qualificazioni in tutti i settori dell'economia alcuni dei quali (crescita verde, risparmio energetico, smart city, ristruttazioni urbane ed edilizie, domotica ed altro) hanno notevoli potenzialità. Dalla manifattura, all'agricoltura, ai servizi.
Ecco perché l'incontro congiunto dei ministri del Lavoro e dell'Economia è importante oltrechè nuovo. Infatti se si arrivasse allo scorporo dai deficit delle spese per la formazione dovrebbe essere chiaro che si tratta di investimenti all'innovazione e non sussidi alla disoccupazione.
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