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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2013 alle ore 07:53.

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Angela Merkel (Epa)Angela Merkel (Epa)

I problemi più grossi sembra averli però l'opposizione ufficiale, in particolare la Spd, staccata di oltre 10 punti da Cdu/Csu. Scelto dopo mille indecisioni lo sfidante cancelliere, l'ex ministro delle Finanze di Angela Merkel, Peer Steinbrueck, i socialdemocratici hanno dovuto constatare che l'uomo, pur competente, è un gaffeur senza pari e fatica a sintonizzarsi, al contrario della sua rivale, con l'uomo della strada. Il fatto che, ormai nell'imminenza del voto, il candidato abbia deciso questa settimana di sostituire il suo team di comunicazione è un sintomo che le cose non stanno andando per il verso giusto nella campagna della Spd. In verità, il problema è soprattutto di linea: dieci anni dopo aver avviato, con il Governo Schroeder, le riforme del mercato del lavoro che hanno ridato competitività all'industria tedesca e consentito all'economia di uscire meglio di altre dalla grande crisi, la Spd non ha ancora digerito quella scelta, che la portò alla sconfitta elettorale e di cui ha finito per incassare i dividendi la signora Merkel. Stavolta, i socialdemocratici puntano sulla giustizia sociale, in un Paese dove la disoccupazione è ai minimi, ma le diseguaglianze crescono: nel programma ci sono l'innalzamento delle aliquote per le fasce più ricche dei contribuenti, la patrimoniale, l'aumento della tassa di successione, regole più severe per le banche e sull'evasione fiscale, due punti, questi ultimi, su cui il cancelliere viene accusata di essere troppo "morbida". Un manifesto più adatto a consolidare la propria base che a conquistare voti al centro, ma che ha ricevuto un inatteso aiuto nelle ultime settimane da due episodi che possono danneggiare la signora Merkel: un mini-scandalo di nepotismo e malversazione di fondi pubblici nella Csu e quello assai più fragoroso della milionaria evasione (con conti segreti in Svizzera) del presidente del Bayern Monaco, l'ex calciatore Uli Hoeness, vicino al cancelliere, la quale aveva proposto lo scorso anno uno "scudo fiscale" leggero, bloccato poi dall'azione della Spd, e che avrebbe coperto proprio casi come questo.

I socialdemocratici contano anche sull'alleanza con i Verdi (che i sondaggi danno attorno a un buon 13-14%): la somma dei due partiti dovrebbe portarli più o meno testa a testa con la Cdu/Csu. Un'intesa fra democristiani e verdi, di cui si era favoleggiato dopo la rinuncia al nucleare decretata dal cancelliere sull'onda emotiva del dopo-Fukushima, è stata bollata come fantapolitica da entrambi i partiti, anche perché alla guida dei Gruenen ha ripreso il sopravvento l'ala meno propensa al compromesso. Spd e Verdi contano sull'esclusione dei liberali dal Parlamento e sul fatto che anche nel 2009, nelle ultime settimane prima del voto, il partito della signora Merkel è scivolato dal 40 al 33%. E la campagna, in pratica, non è neppure cominciata: molti politologi ritengono che i tedeschi cominceranno a pensare seriamente alle elezioni solo al rientro dalle ferie a metà agosto.
Al momento però sembra un azzardo scommettere contro una riconferma di Angela Merkel, anche se l'ipotesi più probabile è un semplice cambio nel partner di Governo, con una riedizione della Grande Coalizione con la Spd del suo primo mandato. Che non le dispiacerebbe del tutto, indipendentemente da quello che lei stessa e Steinbrueck possano dire in campagna elettorale. Quel che cambierebbe di poco è probabilmente la politica europea, se non marginalmente e nel solco di quello che la signora Merkel e l'attuale ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, hanno già mostrato di voler fare in queste settimane: interventi limitati, mirati, qualche allentamento ai margini senza mai dare l'impressione di mettere a rischio i soldi del contribuente tedesco. Del resto, nelle proposte della Spd avevano fatto capolino inizialmente gli eurobond: non se ne parla più da mesi. Intanto, le floride condizioni del bilancio dello Stato consentono alla signora Merkel di fare quello che rimprovera ai partner europei, un po' di spesa pubblica addizionale, che in campagna elettorale non guasta.

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